“Ho fatto una commedia, anche se ultimamente nel genere confluiscono film che io chiamo comici. Il mio non è autobiografico, però i personaggi li conosco tutti, sono cresciuto a Morena (quartiere di Roma, ndr) in una famiglia così: ho rubato da parenti, amici, ho raccontato la borgata per come la conosco”. Non ne fa una questione di genere il regista di Qualche nuvola Saverio Di Biagio, ma precisa che la sua ispirazione è stata la grande commedia italiana di Emmer, Castellani, Risi, Germi. Intrecciare matrimonio, lavoro e affetti, infatti, è roba da commedia sentimentale con un taglio sociale, aderente alla realtà, che deriva dall'influenza di Robert Guédiguian, “il mio regista di riferimento”.
Roma come Marsiglia, dunque, per raccontare “una storia semplice”, come la definisce lo stesso regista. Diego (Michele Alhaique), muratore nato in un quartiere popolare tutto cantiere e calcetto, e Cinzia (Greta Scarano, all'esordio sul grande schermo), dopo dieci anni di fidanzamento, decidono di fare il grande passo. Lui finisce per invaghirsi di una ragazza dei “quartieri alti”, distanza fisica e metaforica tra il centro e la periferia, tra Trastevere e il Quadraro, Viola (Aylin Prandi), cugina del suo capo (Pietro Sermonti). E qualche nuvola in agguato minaccia di rovinare il lieto evento.
“Non è solo una commedia - ribadisce Michele Alhaique - c'è il triangolo amoroso, ma non si risolve. Diego è un personaggio imploso, non si ribella, non parla dei suoi sentimenti, intraprende una relazione parallela, per rimandare una scelta”. Grande importanza, invece, ha nell'economia del film la scelta dei caratteristi, che danno un colore neorealista alla vicenda: Primo Reggiani, mattatore e amico fraterno del protagonista, Giorgio Colangeli, padre della sposa, “un finto forte e burbero dai modi spicci, costretto all'angolo dalla moglie e tartassato dalla figlia”. L'amico d'infanzia di Diego che ha scelto di diventare prete, Michele Riondino, il quale a chi gli propone di fare del film lo spin off di una miniserie risponde scherzando: “Non posso, devo fare il chierichetto da Don Matteo. Non pensavo di essere credibile, mi sono ispirato ai preti vecchio stile, quelli dallo scappellotto facile”.
Saverio Di Biagio, da quindici anni aiuto regista e stretto collaboratore di Daniele Vicari, già finalista al premio Solinas 2004, esce ora, dopo otto anni di gestazione, un figlio e un mutuo, con la sua prova d'esordio, a un anno dalla presentazione a Venezia (Controcampo italiano): “Se fossimo usciti subito dopo la Mostra, - spiega il regista - insieme ad altri quattro film italiani saremmo forse passati in sordina. È stata una strategia”. Una scelta controcorrente e azzardata, “uscire adesso per avere più spazio - dicono i produttori Nicola De Angelis e Alberto Leotti - e cercare di rimanere in sala di più senza la concorrenza delle grandi produzioni”. Qualche nuvola, prodotto da un collettivo di cui fa parte anche Valerio Mastandrea, accetta l'arduo compito di rappresentare l'Italia al cinema in quella che si prospetta una torrida e sportiva (tra Europei e Olimpiadi) estate nera per il mercato della settima arte. “Usciamo mercoledì 27 (in 55 copie, distr. Fandango, ndr), la sera delle semifinali… - fa notare cinico Mastandrea - Diminuiscono le sale, si accorcia la stagione, la gente al cinema non ci va. Bene, ora che ho fatto questo quadro roseo non posso che augurare una brillante carriera a Saverio, un pretesto per fare un discorso critico, non polemico: credo che l'opera prima dovrebbe avere per legge il diritto di essere vista, ma nel nostro paese non è nemmeno tutelata”.