Il 12 maggio 1964, il canale nazionale mandò in onda lo speciale televisivo Un'ora e mezza con Federico Fellini, curato da Sergio Zavoli, che del grande regista riminese era amico intimo. Per gentile concessione della Rai, la Rivista del Cinematografo ebbe l'opportunità di pubblicare ampi stralci della trasmissione, costituita da numerose testimonianze.

Un ritratto a più voci: Zavoli intervistò i familiari stretti, l'amico Titta Benzi, il preside, la moglie Giulietta Masina, Georges Simenon, Alberto Sordi, Sergio Amidei, Sergej Gerasimov, Anita Ekberg, padre Arpa e lo stesso Fellini. Una pietra miliare del giornalismo sul cinema, che riproponiamo integralmente per ricordare Zavoli, scomparso oggi all'età di 96 anni.

I testimoni di Federico di Sergio Zavoli

Ora che i personaggi di  sono tutti discesi dalla torre, ecco i personaggi della sua vita a Rimini: è finita l'ultima notte di carnevale. Qui il regista è nato nel 1920 ed è rimasto fino al 1938. Noi veniamo come canali verso il mare, si torna per confonderci con la natura che più ci somiglia e della quale qui ci fidiamo. E ciò è vero anche per Fellini, nonostante la diffidenza dei riminesi per la sua nostalgia.

È difficile far capire a un'intera città che questa è la fonte diretta dei suoi film, che le origini delle sue confessioni sono qui, dove è cominciata e cosi spesso rivive la sua avventura. La città ha per Fellini un affetto geloso, un po' ruvido, forse una punta di delusione. Lo vorrebbe ancora a casa, confuso col paesaggio e la gente del suo paese. È un piccolo mondo, dopotutto, pieno di estri e di libertà, come questa di finire il carnevale sul molo, con 10 gradi sotto zero, per vedere la levata del sole, dopo una notte passata al Casino civico. Sua madre sperava che diventasse avvocato, come Titta Benzi, l'amico fedele.

Ingaggiati nelle professioni con vivissimo impegno, i coetanei di Fellini sono la generazione che rubò l'orologio del Kursaal e caricatolo su un camion andò a venderlo a Cesena; che preparava zabaioni di 50 uova dentro i catini; che nei cinema, dalla galleria, lasciava cadere le paste di crema sulla testa della gente per bene. Quel mondo, più che esaurirlo nell'esperienza, Fellini era portato a contemplarlo, sognando di andarsene, deluso e nostalgico nello stesso tempo.

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