“Sto camminando anche verso tutt’altri lidi. Sto lavorando al mio primo film. Non posso dire di più, di un progetto importante.”

Ci spiazza così, Mario Perrotta, annunciando il suo prossimo approdo al cinema, questa volta alla regia. Lo avevamo già visto sullo schermo, per un film sorprendente come Volevo nascondermi di Giorgio Diritti, che ha raccolto e seminato così tanto, tra pubblico, critica, premi. E in tempo di Pandemia il valore che ha rivestito è stato ancora più intenso, a partire anche solo da quel titolo.

Raggiungiamo, in intervista radio durante la trasmissione Ossigeno Liquido, in onda su Punto Radio APS, Mario Perrotta (una delle voci più importanti della drammaturgia italiana, Targa della Camera dei Deputati, svariati Premi Ubu, Premi Hystrio…), in occasione del terzo capitolo della Trilogia "In nome del Padre, della Madre, dei Figli”, dove lo sguardo è rivolto a quei Figli, quella strana generazione allargata di “giovani” tra i 18 e i 45 anni che non ha intenzione di dimettersi dal ruolo di figlio.

Mario Perrotta @ Luigi Burroni

Allestito alla Città del Teatro di Cascina (Pisa), in una coproduzione di Fondazione Sipario Toscana, Teatro Stabile di Bolzano, La Piccionaia, Permár, vede alla consulenza drammaturgica ancora lo psicanalista Massimo Recalcati, che ha accompagnato tutto il progetto (“E non poteva essere altrimenti” - ammette Perrotta, che stima e conosce Recalcati da anni); così da concludere questa trilogia dedicata alla famiglia degli anni Duemila e alle sue più macroscopiche trasformazioni; affinché con le sue domande porti in germe una nuova possibilità di Futuro.

“È un progetto nato dal fatto molto banale, ma anche molto urgente, - racconta Perrotta -, di essere divenuto padre. Mi sono trovato di fronte al mestiere più difficile del mondo, e ho potuto provare de visu che è un impegno importante, e - cosa più difficile - costante, perché ad enunciare regole e dettami ai figli son capaci tutti, a mantenere la barra dritta nel tempo è molto più complesso”..

E continua: “Le mie drammaturgie nascono inevitabilmente dalle mie urgenze, altrimenti non metto le mani sul computer, un tempo la penna sulla carta…e non cerco mai risposte, ma interrogativi con cui mandare la gente a casa; e con loro me stesso. Domande che siano brucianti, così da volerne trovare, di risposte. Detesto il teatro a tesi che ti propone delle risposte”.

Quelle domande che ha lanciato con “Un bès - Antonio Ligabue”, con cui ha vinto premi su premi (Premio Ubu come Miglior attore protagonista, Premio Hystrio-Twister come miglior spettacolo dell’anno a giudizio del pubblico, Premio della Critica/Associazione Nazionale Critici di Teatro per l’intero progetto, Premio Ubu come miglior progetto artistico e organizzativo…); e che ha dato una risposta proprio a Giorgio Diritti: “Volevo nascondermi, per stessa ammissione pubblica di Giorgio (Diritti, ndr), è nato dopo aver visto il mio spettacolo. È venuto in camerino e mi ha detto: <ero in dubbio se dovevo fare o meno questo progetto su Ligabue, e ho capito che è ora di farlo>. Ed è partito tutto il treno, sulle orme dei passi che avevo fatto io; gli ho passato contatti, persone che avevo intervistato…e lui molto gentilmente e signorilmente mi ha voluto nel cast come omaggio al Progetto che ho portato avanti a teatro. È stata una bellissima esperienza”.

Mario Perrotta in In nome del padre @Luigi Burroni

Che prosegue: “Continuerò ad essere fondamentalmente un uomo di teatro, ma diciamo che passati i cinquant’anni è arrivato il momento di affrontare un altro linguaggio che mi interessa da sempre: il cinema”.

“Il mio primo film mi vedrà alla regia, non sarò tra i protagonisti, sarebbe stupido al primo approccio con il cinema voler essere sia alla regia che come interprete. Devo concentrami su un linguaggio che amo molto, ma che devo scoprire al suo interno. Nel cinema la regia è una cosa molto più esposta che in teatro”.

“Mi rimetto come uno studente di fronte a una materia nuova, ritorno un po’ alle origini. So già che farò in teatro dopo la trilogia, ma è troppo presto per parlarne. Niente e nessuno mi toglierà dal contatto quotidiano, serale con la gente dal vivo: quello è imprescindibile. Per me, non è sostituibile. Adesso però ho la serenità, e la maturità spero, per intraprendere quest’altra avventura.”

Intanto il suo teatro, la sua opera, che ha rotto gli argini creativi per trasformarsi in fiume dal corso travolgente a partire da Italiani Cìncali, continua a parlarci al tempo presente di Noi, tra passato e futuro, “tra comicità grottesca e lo sfiorare sempre la tragedia - riflette Perrotta, - un po’ com’è del resto l’esistenza”.

Volevo nascondermi di Giorgio Diritti

Anche quando si tratta di lavoro: “Di lavoro in Italia ce n’è, ma non c’è chi voglia farlo. Noi uomini di teatro siamo disperati dall’assenza di tecnici che prendono una cosa come € 200-250 euro al giorno; e non troviamo neanche un ragazzo italiano che lo voglia fare, anche da formare. Stanno aumentando a dismisura i tecnici stranieri, che sono gli unici, per un lavoro che è sì faticoso, ma non è certo la miniera: vai a far spettacolo in giro per l’Italia”. E spesso nel Mondo.

Ma torniamo ai nostri Figli: “Sono straordinari nel leggere le situazioni in modo semplice, quella semplicità che noi abbiamo perso, perché assediati dal tanto della vita quotidiana, della maturità, dell’essere genitori, e non più figli. E loro hanno questa capacità di semplificare.

I nostri figli ci sono maestri nella lezione di pulizia, semplicità, di purezza, che ci donano. Dovremmo attingere di più dal loro insegnamento”.