Primo prison drama italiano con un protagonista che spiazza. Abituati a vederlo in ben altre vesti (quelle del commissario Montalbano), qui Luca Zingaretti è un cattivo che garantisce la tranquillità di una prigione: Il Re.

Diretta da Giuseppe Gagliardi, prodotta da Sky Studios con The Apartment e con Wildside, scritta da Stefano Bises, Peppe Fiore, Bernardo Pellegrini e Davide Serino, la serie in otto puntate andrà in onda su Sky e in streaming su Now dal 18 marzo e come dice il regista: “racconta le dinamiche del potere all’interno del carcere in questo caso il potere di un capo che sta crollando e di quello che deve fare per mantenerlo”.

“Bruno Testori è un uomo che ha perso la strada e la bussola, come il colonnello Kurtz in Apocalypse Now - dice Luca Zingaretti, nei panni del controverso direttore del San Michele, un carcere di frontiera a Trieste (le location in realtà sono diverse, oltre a Trieste, anche Torino e Civitavecchia) -. É partito per una missione chiara e, strada facendo, ha visto e fatto talmente tanti orrori che ha perso sé stesso. Questa è la sua parabola. Fa delle cose non giuste. Il nostro compito (l’idea è nata dallo stesso Zingaretti poi proposta al produttore Lorenzo Mieli, ndr) non era giudicarlo, ma far riflettere su alcune cose che riguardano tutti. Non si prova empatia, ma quantomeno si tenta una comprensione del personaggio. D’altronde l’essere umano è estremamente affascinante perché è una fonte inesauribile di sorprese. Non è solo una cosa, ma, come tutti noi, ha tante sfumature”.

Tanti i chiaroscuri di Bruno, ma una sola idea monocratica di giustizia. A metterlo maggiormente in discussione e a farlo vacillare ci sono comunque le donne interpretate da Anna Bonaiuto (il pubblico ministero che indaga sulla rete di illeciti e connivenze che fanno capo a Testori), Barbora Bobulova (l’ex moglie di Bruno) e Isabella Ragonese (un’agente di polizia carceraria). Nel cast anche Giorgio Colangeli nei panni di Iaccarino, comandante della prigione.

“Interpreto una donna spiritosa, sarcastica e anche un po’ irritante- dice Anna Bonaiuto-. Il mio è un personaggio non consolatorio ed estremo. È una donna che ha rinunciato alla sua vita privata per seguire l’ossessione della giustizia. Si sa che in ogni lavoro le donne devono faticare molto più degli uomini. E lei va avanti come un tank, combattendo di fronte all’omertà del carcere e senza l’aiuto dei suoi superiori”. E Barbora Bobulova: “Il mio personaggio rappresenta il lato intimo di Bruno. È una specie di bussola per lui”.

In questo carcere di frontiera, il San Michele, nessuna delle leggi dello Stato ha valore perché il bene e il male dipende unicamente dal giudizio del “Re”. “Le leggi sono leggi e si va per approssimazione e grossolanità. Tutti ci accontentiamo di una legge che per quanto possa essere scritta bene non lo è mai. E Bruno decide in qualche modo di farsi Dio e di sostituirsi al Dio e al giudice”, dice Luca Zingaretti, che per entrare nella parte ha parlato a lungo con magistrati, detenuti, ex detenuti e agenti penitenziari.

Bruno applica la sua personale idea di giustizia. Spietato con chi lo merita, all’occorrenza misericordioso, spesso il “Re” si identifica nelle biografie deragliate dei detenuti.

Ma il male è contagioso? “Decisamente molto più del bene. Difficile starne lontani, lo dice la storia del mondo: dall’Antico Testamento fino ad oggi”, risponde l’attore. E poi guardando quello che sta succedendo in Ucraina conclude: “Sono attonito di fronte alle scelte di Putin. È un vero peccato: dopo due anni e mezzo vedevamo questa primavera 2022 come la fine di un incubo e ci troviamo nuovamente di fronte a telegiornali che ci parlano di morte”.