“Sono grato di essere nato vulnerabile. Perché la vita è più ricca quando si capisce e si vede come si comportano gli altri esseri umani, quando capiamo se sono felici o infelici”.

Parola di Roy Andersson, regista svedese che torna al Lido cinque anni dopo aver vinto il Leone d’Oro con Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza.

Stavolta dirige Om Det Oändliga (About Endlessness), nuova successione di tableaux vivants per l’ennesima riflessione sulla vita umana, “in tutta la sua bellezza e crudeltà, splendore e banalità”: “È stato il mito greco della cornucopia traboccante di prodotti e di frutta di ogni genere a ispirarmi a unire tutte queste scene, tutti questi temi in uno stesso film. Io voglio sottolineare la bellezza di essere vivi e umani, ma per dimostrarlo ci vuole un contrasto, bisogna rivelare anche il lato peggiore. Questo film è sull'infinità dei segni dell'esistenza".

About Endlessness
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Momenti irrilevanti assumono lo stesso significato degli eventi storici: una coppia fluttua su una Colonia devastata dalla guerra; mentre accompagna la figlia a una festa di compleanno, un padre si ferma per allacciarle le scarpe sotto una pioggia battente; ragazze adolescenti ballano all'esterno di un caffè; un esercito sconfitto marcia verso un campo di prigionia.

 

Ode e lamento al tempo stesso, il film è un caleidoscopio di tutto ciò che “è eternamente umano: una storia infinita sulla vulnerabilità dell'esistenza”, spiega ancora Roy Andersson, che inserisce Ladri di biciclette di De Sica tra i suoi film preferiti, “molto triste ma molto bello perché vero, reale” e svela: “Mi piace costruire immagini dove ci sia una luce tale da non permettere alle persone di nascondersi”.