Là-bas l'unica possibilità è l'educazione criminale: "laggiù", ma per gli africani è anche l'Europa, la terra della fortuna, ovvero della disperazione. Anche loro si scordano qualcosa: nord e sud, poco importa, là-bas è un altrove, un posto lontano lontano. Per esempio, Castel Volturno, a circa 30 kilometri da Napoli. Per esempio, il 18 settembre di tre anni fa, quando un commando della camorra irrompe in una sartoria di migranti africani: centinaia di proiettili esplosi, molti a segno. A terra rimangono sei ragazzi, più un altro ferito seriamente.
Fin qui la cronaca, poi arriva la finzione, il lungometraggio Là-Bas, ma non si direbbe: Yssouf (Kader Alassane) e lo zio Moses, Germain e la bella Asetù, la prostituta Suad, non sono strappati dalla carta della sceneggiatura, ma da quella sporca e quotidiana della cronaca.
Perché “non c'è un lavoro vero per i clandestini, l'unica alternativa è tra lo sfruttamento e il crimine”, dice il regista Guido Lombardi, e come dargli torto? Yssouf potrebbe vendere fazzoletti ai semafori di Napoli per pochi euro al giorno come fa Germain oppure entrare nel traffico di cocaina dello zio Moses, che l'aveva attirato in Italia per “coltivarne” le doti artistiche: non ci saranno sculture per lui, nemmeno quella già pronta avrà tempo per arrugginire sottoterra, bensì ovuli di cocaina da spacciare, l'alcol da provare per la prima volta e qualche bel vestito. E la strage, capitata mentre Lombardi (classe '75) scriveva la sceneggiatura di questa sua opera prima, che domani passa in concorso alla Settimana della Critica di Venezia: i sei rimasti a terra - hanno concluso le indagini della magistratura con lo spaccio - non c'entravano nulla, qui Yssouf è invischiato suo malgrado, ma poco importa.
Con stile verità, Lombardi scrive e dirige in un altrove che non conosciamo, né vogliamo conoscere: “Qui tutti sono stronzi”, anzi, forse “Dio è bianco”. Oppure, chissà, vedi Napoli e poi… muori.
O ne ricerchi le Radici canterine, l'anima musicale partenopea che il documentarista Carlo Luglio ha rintracciato in Enzo Gragnaniello, un cantautore di razza che si racconta a tutta voce insieme agli amici Sud Express tra Napoli sotto, ovvero topoi magici e mitologici, e Napoli sopra, tra monumenti e quartieri.
Acclamato alle Giornate degli Autori veneziane, la strada è quella del musicarello, gli incroci quelli tra presente e passato, con spezzoni presi dai bambini di Comencini e altri grandi. “L'anima è verità, ma chi l'ha mai vista?”, si chiede Gragnaniello, tessendo l'elogio della poesia, “il vero disinfettante dell'anima”.