"Non amo gli spostamenti nella messinscena delle opere liriche rispetto alle indicazioni dell'autore, se puntano ad attualizzare il soggetto portandolo verso di noi. Si perde la magia onirica della musica": lo ha detto Gianluigi Gelmetti, direttore musicale del Teatro dell'Opera di Roma e maestro concertatore di Così fan tutte di Mozart allestito sul palcoscenico del Nazionale. Il riferimento trasparente è a una Carmen in regime franchista e a una Tosca dove Scarpia è della Gestapo. Gelmetti è valente musicista con forte vocazione teatrale, che ha già sperimentato guidando come direttore d'orchestra e regista, sempre a Roma, Il Barbiere di Siviglia, del resto rifacendosi ad un costume che nel Settecento era la regola. Quindi ha assunto la doppia funzione anche per questo Mozart al Nazionale, traducendolo per la scena in senso opposto all'aborrita attualizzazione: portando la vicenda - che il librettista Lorenzo Da Ponte localizzava semplicemente "in Napoli" - addirittura al I secolo, in una Pompei serena e ignara del cataclisma che stava per distruggerla, mentre si lascia andare a mollezze ed amori instabili. Forse, quello di un mondo sull'orlo di una crisi non avvertita, è l'unico accostamento al 1790, anno in cui Così fan tutte fu composto e presentato a Vienna, e in cui comunemente si ambienta sulla scena. E' vero che ai due lati della platea Gelmetti colloca un piccolo pubblico di dame e cavalieri di epoca mozartiana, come per attenuare la radicalità della scelta, ma è duro l'impatto della musica con pepli, sandali, ancelle in pose da pitture parietali pompeiane.
Trionfa comunque questa musica e un'opera di purissime linee melodiche e di straordinaria trama orchestrale dove i sentimenti sono sempre percossi da un'ironia che è scetticismo pessimistico sulla natura umana, come ben dice il titolo. E' siffatta cifra espressiva continuamente cangiante che meglio risalta nella concertazione di Gelmetti. Il quale ha messo insieme una squadra di cantanti per lo più giovani ma di classe già matura nell'affrontare le impervie difficoltà della tessitura mozartiana. Apprezzabile anche il bel lavoro della scenografo Maurizio Varamo nel pennellare, come ai bei tempi delle scene dipinte, una Pompei fantasticata, con grottesche, tralci di fiori e gli affreschi della Villa dei Misteri: reperti di scavi che proprio nel Settecento vennero alla luce.