Un percorso narrativo intimo, alla scoperta delle qualità artistiche e personali di uno dei più grandi registi italiani che compie "quattro volte vent'anni". Marco Spagnoli presenta al Festival di Roma il film documentario sulla vita e la carriera di Giuliano Montaldo. Un modo per omaggiare il regista genovese ritraendone gli aspetti pubblici e personali. "L'idea all'inizio mi ha lasciato di stucco, essendo io ancora vivo - ironizza Montaldo con l'Adnkronos - ma poi mi sono lasciato andare a fare 'l'attore' fidandomi ciecamente che facendo tutto ciò che mi diceva il regista. E' stato divertente".
Il film però, il grande cineasta di Sacco e Vanzetti non l'ha ancora visto. "Lo vedrò oggi alla proiezione per la prima volta - rivela Montaldo - e poi non più. Sicuramente non mi piacerò, penserò che potevo non dire qualcosa o dirne delle altre: è quello che succede sempre agli attori".
Dall'incontro con Fellini a quello con Joan Baez, ai dialoghi leggendari con Sergio Leone, il film tratteggia la figura di un regista e di un intellettuale e, al tempo stesso, di una figura elegante che ha fatto del cinema la sua passione come pure un personalissimo strumento di ricerca sul piano civile. "Ho avuto l'idea di raccontare Montaldo - spiega il regista Marco Spagnoli - perché mi sembrava assurdo che nessuno lo avesse ancora fatto. Ho voluto far emergere il suo grande talento creativo ma anche il suo tratto di gentiluomo, una caratteristica molto rara". Uno degli episodi che più lo ha colpito durante la lavorazione è stato il ritrovamento di una lettera che Salvador Allende aveva scritto a Montaldo. "Scartabellando i suoi fogli - ricorda Spagnoli - ho trovato una lettera in cui Allende chiedeva a Montaldo di collaborare con lui in un film. Lui non me ne aveva nemmeno parlato! Questo descrive meglio di tutto il resto la grandezza e l'umiltà di questo grande artista".