“Una Torino declinata in modo particolare, quella del 45° parallelo: è a metà strada tra Polo Nord e Polo Sud, un posto magico. Torino, come la mia città natale Casal Maggiore, e la pianura padana è attraversata dal 45° parallelo, è a metà del mondo, ed è questa una grande metafora del vivere oggi: stare in equilibrio, camminare sul filo”.
Così il regista Davide Ferrario presenta La luna su Torino, fuori concorso all'ottavo Festival di Roma e a marzo 2014 (il 20 o il 27) nelle nostre sale con Academy Two.
Sulla scia ambientale e atmosferica del fortunato Dopo mezzanotte, una commedia che fa dell'equilibrio e della leggerezza la propria cifra poetico-stilistica, imperniata sulle vite di tre coinquilini di una villa sulle colline torinesi: Ugo (Walter Leonardi), 40enne che quella casa l'ha avuta in eredità, vive citando le Operette morali di Leopardi, dilettandosi ai fornelli, muovendosi in bici, senza fare nulla più; Maria (Manuela Parodi), 26enne, lavora in un'agenzia di viaggi e non ha ancora capito che vuole dalla vita; Dario (Eugenio Franceschini), 20enne, studia letteratura e lavora allo Zoom, un safari park sui generis.
Se Dopo mezzanotte fu il primo film italiano in digitale, Tutta colpa di Giuda il primo a impiegare la Genesis, qui Ferrario e il direttore della fotografia Dante Cecchin hanno impiegato la Canon 300 e fatto un film a impatto zero, con soli 2 kilowatt di luce, impiegando anche dei droni per le suggestive riprese aereo. “Qualità a bassissimo costo”, chiosa Ferrario, e parla di sceneggiatura: “Ho sempre cercato di demolirla, eppure per quella di Dopo Mezzanotte, sebbene non fosse mai esistita, ho ricevuto candidature ai David e ai Nastri. Qui ne abbiamo fatto carne di porco, sia girando per 4 settimane che al montaggio, durato ben 8 mesi”.
Fondamentale il 45° parallelo, già raccontato da Ferrario nel doc del 1998 Sul quarantacinquesimo parallelo, citato in questo La luna su Torino: “Partendo da Torino e andando a est arrivi in Mongolia: non so quale, ma c'è un significato. Non è detto che non ci ritorni un'ennesima volta su questo parallelo, mi piacerebbe camminarci su da Torino fino a Boccasette sull'Adriatico e vedere che ci trovo: mi affascina di più l'esplorazione del mondo vicino, piuttosto che paesi lontani da cui torni uguale a prima”.
Ferrario, poi, si sofferma su un altro tema portante del film, “la precarietà, ma non intesa nel senso sociologico corrente: l'esistenza in senso metafisico è precaria, viviamo sospesi, dobbiamo camminare sul filo imparando la grande arte della leggerezza, ma la possibilità di cadere c'è sempre, questa è la vera precarietà”.
Analogamente, La luna su Torino “parla di massimi sistemi, del trovare il proprio posto al mondo con leggerezza, come una mongolfiera che sale ma è fragile”, intercettando l'exemplum di Leopardi: “Io e Martone l'abbiamo riscoperto, perché te lo insegnano a scuola e poi lo dimentichi. Lo stereotipo lo vuole un genio sfigato, viceversa, è un pensatore modernissimo: il mondo l'aveva tutto chiaro, ma non riusciva a cambiarlo, come succede  a noi oggi, quando rispetto a 20 anni fa modificare qualcosa è divenuto impossibile”. Ferrario di Leopardi sottolinea anche l'aspetto comico, e analogamente “questo film non si prende sul serio per dire cose serie”.
E il regista loda lo “straniamento” quale effetto principe che un film deve avere: “Uno dei miei problemi con il cinema italiano attuale è che dopo 5 minuti sai già che succederà nei successivi 95…”.