“Quello che è accaduto non è una pandemia o un terremoto, in questo caso c’è stata la colpa di qualcuno”. Così Giulio Base parla della Shoah, un tema che ha affrontato nel suo ultimo film dal titolo Un cielo stellato sopra il Ghetto di Roma, disponibile in esclusiva dal 27 gennaio su Raiplay e in onda su Rai 1 sabato 6 febbraio alle 22,50.

Un film che racconta il passato, quella tragica pagina della nostra storia ovvero il rastrellamento del Ghetto di Roma, avvenuto il 16 ottobre del 1943, attraverso il presente e un gruppo di giovani studenti (Francesco Rodrigo, Emma Matilda Liò, Daniele Rampello, Marco Todisco e Bianca Panconi) alla ricerca della verità.

“Ho scritto questo film insieme a Israel Cesare Moscati, una persona molto amata dalla comunità ebraica- racconta il regista-. Lui prendeva sempre storie che pescavano dal suo vissuto e aveva la necessità di comunicare la Shoah attraverso i giovani. Per cui aveva anche fatto dei laboratori con i ragazzi con i quali si confrontava. Purtroppo Israel è venuto a mancare improvvisamente lo scorso anno, ora lui è tra le stelle citate nel nostro film”.

Il progetto, patrocinato dalla Comunità Ebraica di Roma, è nato con l’intento di “lottare affinché una delle più grandi tragedie dell’umanità non venga dimenticata”. “La memoria non è una parola vuota, ma è una lotta e un dovere- prosegue-. E’ importante che i ragazzi sappiano cosa è successo per non far ripetere certe cose. Mi sono reso conto che i giovani conoscono la Shoah grazie ai libri, ma anche soprattutto dal cinema, da film come La vita è bella o Schindler's List”.

Nel cast anche Aurora Cancian nel ruolo della nonna (“Mi piace capire dove andiamo e da dove veniamo. Molte persone che hanno vissuto questo dramma volevano dimenticare. Io spero di essere riuscita a restituire quell’emozione”) e Domenico Fortunato (“Questo film è molto importante perché ricorda ai giovani quello che è accaduto”).

Dopo Bar Giuseppe, nel quale Giulio Base affrontava il tema dei migranti, qui si parla di un altro tema molto importante. “Come Bar Giuseppe anche questo film ha molto dello spirituale. Ci sono molti silenzi perché il silenzio è il linguaggio di Dio, è il modo in cui lui ci parla se lo sappiamo ascoltare. Nella storia c’è una ragazza che si converte all’ebraismo e una nonna, che pur essendo ebrea, decide di rimanere cristiana. Io sono cristiano, ma abbiamo origini ebree, e penso che il silenzio faccia parte di questa religiosità comune”, conclude Giulio Base, che ha girato questo film proprio nei luoghi del Ghetto di Roma.