“Dopo la fine del conflitto, la Guerra Fredda ha nascosto la verità in tante situazioni. Quel che poi è uscito ovviamente non restituisce la vita alle persone, ma forse questo film può riguadagnare la memoria comune del Paese”. Così il regista Giorgio Diritti, che porta in concorso al Festival di Roma e dal 29 gennaio in sala con Mikado L'uomo che verrà, che attraverso le vicende di una famiglia fittizia e la piccola protagonista Martina (Greta Zuccheri Montanari, bravissima esordiente) ritorna alla strage di Marzabotto - Monte Sole, dove  il 29 settembre 1944 le SS scatenarono una rappresaglia senza precedenti, trucidando 770 civili, per lo più bambini, donne e anziani.
“I sopravvissuti alla strage - dice Diritti, all'opera seconda dopo il successo de Il vento fa il suo giro - hanno dato al film un apporto fondamentale, sia con la lettura delle loro testimonianze sia nella relazione diretta con alcuni. Con me  hanno rifatto un percorso di sofferenza: quando hai perso 13, 14 familiari nasce il senso di colpa, l'angoscia. La famiglia protagonista è inventata, ma ciascuno dei suoi componenti ha qualcosa di loro”.
Nel cast, tra gli altri, l'attore teatrale Claudio Casadio nel ruolo del pater familias, la moglie Maya Sansa (premio Fondazione Roberto Rossellini, alla prima edizione, per il miglior talento cine-televisivo) e la nipote Alba Rohrwacher, L'uomo che verrà è parlato nel dialetto bolognese dell'epoca: “La scelta, compiuta solo due settimane prima del ciak, è andata nella direzione del realismo e del coinvolgimento emotivo: è indispensabili per entrare in quell'atmosfera, e indi diverso dal bolognese stereotipato dei camionisti nei film  anni ‘70”.
Costruito, dice Diritti, su solide basi storiche, il film si concentra su “come la guerra porta le persone a modificarsi, a fare cose che non si immaginerebbero: un partigiano dice di non voler sparare, poi addirittura uccide un tedesco a sangue freddo. A Monte Sole sono stati sterminati dei civili come noi, qualcuno ha detto che i partigiani avrebbero dovuto fare di più: forse il comando non aveva predisposto un'opportuna linea difensiva, erano un po' sprovveduti, di certo male armati. E nessuno poteva prevedere quel che avrebbero fatto le SS.  Forse la grande colpa dei partigiani, definiti ribelli nel film come realmente acacdeva, è stata quella di non saper che cosa fare, ma non di deve dimenticare la paura: da una parte e dall'altra in guerra, ci saranno sì e no due eroi, tutti gli altri non sanno come agire”. “Ma il revisionismo – precisa il regista - mi dà fastidio, ho voluto un percorso differente: la nostra vita va difesa per le cose importanti per noi: innamorarci, metter su famiglia, migliorare la condizione della società. A tutto questo, la guerra è estranea, e spero che come è stato per il cannibalismo tra 500 anni potremo considerarla solo un reperto del passato dell'umanità”.
Sulla raffigurazione dei nazisti, “per cui ho evitato gli stereotipi, ad esempio, nessun cane lupo”, Diritti sottolinea come la “ricerca sulla realtà dei fatti, le testimonianze raccolte parlassero di soldati giovani, indi cresciuti e formati sotto il nazionalsocialismo, per cui uccidere una mucca, un topo o una donna della sottospecie italiana era la stessa cosa.  Ma non volevo raccontare questo,quanto piuttosto la drammaticità di uomini che arrivano ad uccidere altri uomini come se prendessero un cappuccino”.
Se con emozione la piccola Greta Zuccheri Montanari ricorda la difficoltà della sua prova pressoché muta: “Non mi è sembrato anormale, seppure qualche volta mi veniva da parlare. Ma alla fine ho cantato, per esprimere la mia solitudine”, incalzato da un giornalista, commenta l'affermazione del direttore di Rai Fiction Fabrizio Del Noce, secondo il quale “salvo poche eccezioni, i registi sono dei mantenuti di stato”: “Sono in troppi a non tenere presente come - e lo cito nel film - l'educazione faccia parte del futuro della nostra società. Qui non ci sono mantenuti, chi fa queste dovrebbe prima osservare se stesso: dove come e perché sono arrivati lì dove stanno, e con quale stipendio”.