"Arrivare in America è stato difficile soprattutto per i visti di lavoro, ma una volta qui ho capito ancora di più quanto fosse necessario abbandonare l'Italia per fare questo mestiere". A parlare è Alex (Alessandro) Ongaro, 34enne lead FX della DreamWorks Animation: nato a Lugano, ma italianissimo per origini (entrambi i genitori di Milano) ed esperienza (l'infanzia e la continua spola tra la Svizzera e la città meneghina), arriva a San Francisco in PDI - DreamWorks quattro anni fa, dopo una breve esperienza alla ESC Entertainment (Constantine). E, da allora, la crescita è stata esponenziale: prima il trasferimento alla Dreamworks Animation, a Los Angeles, poi la carica di "effects lead" in Bee Movie, diretto a quattro mani da Steve Hickner e Simon J. Smith, ultimo nato nella "grande famiglia" che ha dato i natali a capolavori come Shrek o Giù per il tubo.

Visual FX, FX animator, FX lead… Madagascar, La gang del bosco, Giù per il tubo e ora Bee Movie: in ogni film sembra tu ricopra ruoli differenti. È così?
Partiamo dalla cosa più semplice: quello di cui mi occupo, insieme ai colleghi del mio dipartimento, è animare tutto ciò che non è "animabile". In poche parole, tutto quello che riguarda gli ambienti, gli agenti esterni, le piogge, le esplosioni, il vento e quant'altro. Non i personaggi, animali o umani che siano: loro sono nelle mani dei character animator. Il nostro, se vogliamo, è un lavoro più tecnico, che non può non prescindere da un aggiornamento continuo, incessante. Per quanto riguarda le "cariche" personali, poi, crescono a seconda dei meriti che acquisisci sul campo. Ma non crediate che lavorare qui significhi automaticamente avanzare di carriera. Ci sono supervisori di nemmeno 30 anni, è vero, ma anche persone di 50 che hanno iniziato con l'illuminazione delle scene e lì sono rimaste. Ogni passetto in avanti equivale a maggiori responsabilità e, di conseguenza, all'aumento delle motivazioni.

In Bee Movie, per esempio, su cosa si è concentrato il tuo lavoro?
Sulle nuvole. In particolare su alcune sequenze in cui degli aerei dovranno passarci attraverso. Può sembrare fuorviante, o riduttivo, dirlo così. Ma sono orgoglioso di aver guidato un team che, per la prima volta nella storia della DreamWorks, ha riprodotto in 3D qualcosa che era stato finora trattato solo in due dimensioni.

E quale rapporto si instaura con il regista? In questo caso due?
E' molto semplice: ogni dipartimento è incaricato di realizzare alcune scene, o parti delle stesse. Ogni settimana si sottopone il lavoro realizzato al regista e, in base alle sue indicazioni, si torna su quanto "creato" e si modifica a seconda degli accorgimenti concordati. Ovviamente, più si avvicina la deadline e più questi incontri si intensificano, arrivando a lavorare sette giorni su sette, anche quindici ore al giorno.

Prima parlavi della necessità di essere in continuo aggiornamento. Da Giù per il tubo a oggi, nemmeno un anno di distanza, cosa è cambiato in tal senso?
Nel caso specifico di Bee Movie, che racconta l'incredibile avventura di un'ape lontana dal suo mondo "di competenza" (l'alveare, ndr), il lavoro più arduo è stato quello di rapportarsi continuamente a scale di riferimento totalmente differenti, mutevoli a seconda del punto di vista dei personaggi: sacrificio necessario se si vuole dare credibilità ad un'interazione tra piccolissimi insetti come le api e gli esseri umani. Quello che muta continuamente, da questo punto di vista, è il flusso di lavoro. Dedicarsi ai nuovi progetti equivale fortunatamente ad aggiornarsi: in questo, oltre alla sconfortante carenza di strutture e mezzi a disposizione, rinvengo la maggior differenza con il sistema italiano, ancora concepito alla stregua di una bottega. Ho preferito andare via finché ero in tempo, dopo un'esperienza pluriennale alla Digitalia di Milano, con la quale realizzai gli effetti, tra gli altri, per Vajont di Renzo Martinelli, The Italian Job e Io non ho paura di Gabriele Salvatores.

E adesso? Cosa ti aspetta dopo Bee Movie?
Siamo già in pre-produzione per How to Train Your Dragon, diretto da Peter Hastings e tratto dall'omonimo libro per bambini di Cressida Cowell. Un tuffo nel passato, alle prese con la storia del figlio di un capo-vichingo che dovrà catturare un drago e tentare di addomesticarlo, così da portare a compimento il rito di passaggio all'età adulta.