“Il film era già pronto due anni fa, poi è arrivata la pandemia, e abbiamo dovuto aspettare per distribuirlo. Il tema è quello della guerra, ma ci tengo a sottolineare che non fa riferimento a quello che sta succedendo oggi. Mai avremmo immaginato che sarebbe uscito in sala in un momento così difficile. Quello che sta succedendo tra Russia e Ucraina in qualche modo ci paralizza, ci fa sentire in difetto per ogni cosa che facciamo. Siamo partecipi di questa tragedia anche se non ci tocca da vicino. Dobbiamo imparare dalla Storia per non ripetere gli stessi errori”, spiega il regista John Madden, presentando il suo L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat dal Malaga Film Festival. L’anteprima italiana del film è al Bifest (Bari International Film Festival), e sarà distribuito il 12 maggio da Warner Bros. Fra gli attori spiccano Colin Firth e Matthew Macfadyen.

Nel cimitero di Huelva, in Spagna, nell’Andalusia, c’è la tomba del soldato William Martin. Ma è un nome fittizio, una falsa identità creata nel corso della Seconda Guerra Mondiale dall’intelligence britannica. Si trattava in realtà di un giovane gallese, Glyndwr Michael, morto suicida. Il suo corpo fu scelto dai due “agenti segreti” Ewen Montagu e Charles Cholmondeley per dare il via all’Operazione Mincemeat. L’obiettivo era depistare i nazisti, facendo loro credere che nel 1943 lo sbarco delle truppe alleate sarebbe avvenuto in Grecia e non in Sicilia. “Ma non è una lezione di storia, è il racconto di un evento straordinario. Ci sono moti toni, tante sfumature, è uno studio del mondo dello spionaggio”, aggiunge Madden.

 

In realtà tutto sarebbe nato da un racconto di Ian Fleming, il padre di James Bond, che all’epoca era al servizio di Sua Maestà. “L’ho vissuto come un regalo, che lui avesse iniziato a scrivere in quel momento. Si uniscono più universi, più suggestioni. È stato un passaggio cruciale per il mondo moderno. La gente da un lato cercava di avere una vita normale, mentre l’ombra della guerra era sempre più presente. Il terrore che Hitler arrivasse a Londra era palpabile”.

A prestare il volto a Ewen Montagu è Colin Firth. “Insieme abbiamo condiviso l’esperienza di Shakespeare in Love, dove lui era Lord Wessex. È un attore magnifico, con una personalità molto forte, coinvolgente, ama lavorare sui copioni per migliorarli. Perciò ci siamo spesso confrontati in modo molto costruttivo. Il suo senso dell’ironia aiuta a rendere le riprese piacevoli”.

Insieme a Montagu, l’eroe è Charles Cholmondeley. “Il lavoro del cineasta è quello di creare qualcosa in cui il pubblico possa credere. Bisogna sempre fare attenzione al modo di raccontare. Qui ad affascinarmi è l’ambiguità dei personaggi. Ogni loro gesto potrebbe portare alla salvezza, ma allo stesso tempo condannare il mondo per un errore. Il confine tra realtà e finzione in questo racconto è labile, perché ci siamo ispirati a fatti realmente accaduti. Ma io al cinema amo le sorprese. Per questo, quando si inizia un nuovo progetto, bisogna lasciarlo fluire, non avere tutto subito sotto controllo”.