Tra Le cose che restano di Gianluca Maria Tavarelli c'è anche la polemica: la serie tv della durata di sei ore e mezza, che verrà trasmessa forse già a dicembre su RaiUno, è andata in conferenza stampa prima della visione ufficiale (quest'oggi alle 17, con durata ad hoc per il festival di 5 ore e 50') e senza anteprima per i giornalisti. Polemiche da ambo i lati della “barricata”, con i cronisti irritati a dover chiedere conto di una fiction non vista e il cast sulla stessa lunghezza d'onda, su tutti gli sceneggiatori Stefano Rulli: “Impossibile raccontare un film di sei ore” e  ancor più Sandro Petraglia: “Ci abbiamo lavorato per quattro anni, i testi hanno dei sottotesti: se vi raccontiamo le trame, tutti i film si assomigliano. Siamo imbarazzati da questa situazione, se volete parliamo dei 100autori, del governo che speriamo torni a casa. Che conversazione facciamo?”. Viceversa, il produttore Angelo Barbagallo prova a rasserenare gli animi: “Mi scuso, ma è una decisione del festival”.
Solo in un incontro tra Barbagallo, il direttore del festival Piera Detassis e le agenzie di stampa post conferenza, la situazione si fa più chiara: “La mia – dice il produttore – non era una critica al festival, è stata una scelta condivisa con Piera”. Entrambi parlando di “errore”: “Il problema è la dimensione e la dimensione dei festival: i meccanismi per la presentazione delle fiction vanno ancora oliati, dobbiamo scardinare ancor più le regole”, afferma la Detassis, ammettendo come “per consuetudine giornalistica pensavo i cronisti avessero visto Le cose che restano in anticipo in dvd”. 
Comunque, ribadisce, “abbiamo fatto un errore, il festival ha due facce, pubblico e stampa, e non sempre è facile tenerle insieme, anche se ne costituiscono la ricchezza”. La soluzione? “Credo - prosegue il direttore - che il sistema dei festival vada ripensato: come accogliere in un palinsesto tradizionale extraformati per spettatori e stampa?”.
Alla domanda se, sulla scia delle polemiche per il palmares dell'ultima Mostra di Venezia e alla luce del primato qui meno granitico che altrove del Concorso, si possa ipotizzare un Festival di Roma senza competizione ufficiale, la Detassis afferma: “Il concorso è una scelta editoriale: da Festa siamo passati a Festival: c'è un presidente e c'è un CdA. Comunque, è un dilemma, difficile rinunciarvi: il concorso ti fa crescere e ha capacità di attrazione. Da parte mia, nel futuro mi muoverei verso l'esperienza di Toronto, una formula metropolitana: i miei tentativi mi paiono chiari, dagli eventi speciali alle deviazioni e integrazioni”.