“Horror e commedia non vincono premi? I critici sono presuntuosi, l'horror paga splatter ed exploitation, mentre tra le commedie l'unica ad aver vinto l'Oscar per il miglior film è Io e Annie. Ma i premi sono tutte sciocchezze”. Parola di John Landis, il celebre regista americano di Animal House, Blues Brothers e il videoclip di Thriller di Michael Jackson, che porta al festival di Roma (sezione Extra, in anteprima mondiale concomitante con l'uscita nelle sale britanniche) il suo nuovo film, Burke & Hare, girato a basso budget in location – un solo set in teatro di posa -  a Londra ed Edimburgo, coprodotto dai gloriosi Ealing Studios  e dedicato a due personaggi storicamente esistiti, William Burke e William Hare appunto, che dal novembre 1827 al 31 ottobre 1828 nella capitale scozzese commisero 17 omicidi per fornire al chirurgo Robert Knox - dietro lauto compenso - cadaveri da dissezionare a scopo scientifico.
“Sono due personaggi famosi, un'attrazione turistica come Jack lo Squartatore a Londra. Ammairavo da sempre le commedie black degli Ealing Studios, titoli eleganti ed arguti come Sangue blu o La signora omicidi, e quando Barnaby Thompson mi ha offerto questo script ho accettato subito”, dice Landis, che ricorda come Burke e Hare siano già portati su schermo e palcoscenico un'infinità di volte. Ma qui la sua idea è stata di “prendere dei cattivi, degli assassini a sangue freddo, e renderli attraenti: una cosa davvero perversa. Ma sono preoccupato: la gente pensa sia un horror, mentre io volevo fare una commedia romantica, un film dolce, nonostante i cadaveri. Il film non scusa i due protagonisti, ma devono piacervi intenzionalmente: Burke ha dubbi morali, per Hare “business is business””. E, in riferimento al cinema, me lo ricorda pure un mio amico, ogni volta che sono frustrato, precisa il regista, che nel Regno Unito girò nel 1981 Un lupo mannaro americano a Londra.
Altri tempi, oggi, continua Landis, “gli studios sono di proprietà delle multinazionali e non corrono più rischi: per la tv via cavo vengono fatti dei film che al cinema non vedremmo mai”. Unica eccezione, The Social Network di David Fincher, “un film fantastico come Hollywood non faceva da un sacco di tempo”, mentre a riprova dello stato dell'arte degli studios, prosegue Landis, “i film che voglio fare non li vogliono fare loro, e viceversa. Comunque, da sempre si va dove ci sono i soldi, in questo caso nel Regno Unito, e d'altronde ero così incazzato con gli studios dopo quel che  avevano fatto al mio Blues Brothers – Il mito continua…”. 
Dopo aver rispedito al mittente l'ipotesi di un Burke & Hare in 3D: “Non sono contrario, mi piace la stereoscopia, ma dipende dal tema: qui non era assolutamente adatto”, Landis non pare nemmeno entusiasta del ventilato progetto di biopic su John Belushi: “Mi dà i brividi, perché era un mio amico, e ancor più l'idea che qualcuno possa interpretarmi…” e finisce su un elogio della libera interpretazione: “I film sono assolutamente soggettivi, non si può essere obiettivi, e va bene così. Però spesso mi trovo a pensare: ma di che diavolo parlano?”.