L'uomo d'oro Federico Moccia ha fatto il salto. Dal libro al film con disinvoltura. Non un grande salto per la verità. Primo perché lo scrittore di moda tra gli adolescenti aveva il traino dei suoi 3 Metri sopra il cielo e Ho voglia di te, bestseller diventati film di successo. Secondo, Moccia sul set ci è cresciuto. E' il figlio di Giuseppe Moccia, meglio noto come Pipolo, il regista di Attila flagello di Dio e di tanti altri campioni di botteghino (molti con Celentano negli anni '80). Federico per il padre ha più volte fatto l'assistente alla regia. Terzo, come rivela lui stesso, "per i miei libri seguo una modalità di scrittura cinematografica, che deriva dalle frequentazioni ai corsi di sceneggiatura. Questo spiega forse la facilità di trasposizione". C'è un'altra ragione che Moccia omette. Lo strepitoso riscontro editoriale presso gli adolesescenti è una garanzia per i produttori cinematografici che investono. E' successo con i precedenti film tratti dai suoi romanzi, perchè non dovrebbe succedere ancora? Scusa ma ti chiamo amore non pare proprio essere "un rischio", come vorrebbe il suo autore, ma un'operazione che viaggia sui binari sicuri delle 850 mila copie vendute dal libro. Di più: si avvale di una distribuzione capillare (Medusa) che toccherà 500 sale ( uscita venerdì 25 gennaio) e può contare sull'appeal di Raoul Bova, il protagonista. A chi l'accusa di essere uno stratega del marketing, Moccia risponde tranquillo:"Non c'è nessuna pianificazione commerciale. Ho scritto Tre metri sopra il cielo nel '92, il successo è arrivato dopo. Stesso dicasi per Ho voglia di te, scritto nel 1996. Le critiche le accetto. Creano movimento, alimentano un dibattito. Non mi dispiace però questa nuova ondata di cinema italiano, furbetto, accattivante, memore di certe opere del passato che non disdegnavano il proprio pubblico. Evidentemente questi film piacciono perché in molti avvertono il bisogno di storie sentimentali, storie che riguardano tutti". Non proprio tutti. Un altro appunto che gli si muove spesso è quello di parlare solo della borghesia romano-centrica, benestante, indifferente al sociale, frivola: "Hemingway diceva che bisogna parlare di quel che si sa. Quello è il mio ambiente e , a differenza di tanti miei colleghi, non lo rinnego" risponde sicuro. Touché. E sul fatto di parlare solo agli adolescenti? "Non mi risulta. I miei libri li leggono pure gli adulti, e con questo film mi rivolgo a un target allargato". In effetti Scusa ma ti chiamo amore narra dell'amore di un uomo di trentasette anni per una ragazzina che studia ancora al liceo. Un tema, quello dell'amore senza confini anagrafici, diventato il tarlo della commedia italiana di questi anni, da Texas di Paravidino a Cardiofitness di Tagliavia, aspettando ovviamente l'esordio in regia di Silvio Muccino in Parlami d'amore. "Non mi sembra uno scandalo, - commenta Bova - sono tanti i quarantenni che si lasciano coinvolgere da storie con partner più piccoli. I quarantenni di oggi sembrano molto più giovani di un tempo, e le diciasettenni molto più mature". La presenza di Bova infiamma le liceali del Giulio Cesare (utilizzato pure come location) dove il film è stato presentato alla stampa. Al fianco di Bova la timidissima Michela Quattrociocche, 19 anni ed esordio sul grande schermo: "Sono stata fortunata - dice - perchè ho trovato in Raoul e Federico un atteggiamento paterno, che mi ha tranquillizzato. Mi sono diplomata da poco e spero di continuare a fare cinema". Oltre non dice. Il suo sorriso basta e avanza. I maschietti che dovranno accompagnare le fidanzate in sala sono avvisati. Il film è anche per loro.