“I cani abbaiano, ma la carovana procede: faccio mio questo proverbio arabo quando mi si chiede del perché in Italia il mio cinema faccia discutere. Anche se è naturale, e fa parte del gioco, che qualcuno ti possa attaccare: fare cose coraggiose può esporti sia ai grandi applausi che ai fischi. Questi riconoscimenti, però, mi consentono di lavorare con maggiore libertà”. Paolo Sorrentino incontra la stampa italiana dopo il secondo trionfo consecutivo ottenuto agli EFA, gli European Film Awards, a due anni di distanza da La grande bellezza.

Michael Caine e Harvey Keitel in Youth - La giovinezza

Stavolta è toccato a Youth – La giovinezza, fare incetta di premi: miglior film, regia e attore protagonista, quel Michael Caine troppo spesso dimenticato dai riconoscimenti europei (“Non ne ho ricevuti per 50 anni, ora addirittura due nella stessa sera”), che torna a casa anche con il premio d’onore del presidente e del consiglio direttivo degli EFA: “La dote più grande di Sorrentino? La sua incredibile immaginazione”, dice l’attore britannico, che dal regista partenopeo incassa altrettanti encomi: “Michael Caine, semplicemente, ‘è’. È come la musica, come la cucina, precede il suo personaggio, è l’incarnazione di quello che diceva Cocteau, l’attore è più importante del personaggio, più autorevole. E lui ha un carisma innato, si staglia al di sopra di tutto il resto: non lo metterei neanche nella categoria dei grandi attori, viene prima di loro”, spiega Sorrentino, che ragiona anche sulla significato della vittoria: “Credo sia molto indicativo che un film come Youth, che parla di come si può affrontare il futuro in qualsiasi momento e per farlo bisogna pensare di essere liberi, abbia molta attinenza con i giorni che stiamo vivendo, visto che ci sentiamo minati nella nostra libertà”.

L’Europa risarcisce Youth dopo che il Festival di Cannes non aveva premiato il film, dunque? “Dopo i tanti riconoscimenti ottenuti con La grande bellezza (anche quello ignorato dal palmares di Cannes, ndr), riceverne altri ti riempie di gioia. Questo piccolo film – prosegue il regista – doveva essere di decompressione rispetto a quello, partiva con meno ambizioni. È stato un film Intimo, che avevo necessità di fare. Questi premi sono del tutto imprevisti, dunque accolti anche con maggior piacere. E un premio europeo, alla luce dei fatti tragici che tendono ad unire le persone, diventa forse più significativo rispetto ad altre volte”.

Ma è altrettanto significativo, per l’Italia, che nella stessa serata che ha visto Andrea Occhipinti di Lucky Red ricevere il Premio Eurimages per il suo contributo nelle coproduzioni europee, che a trionfare sia stato un film coprodotto  da Italia, Francia, Inghilterra e altri paesi: “Credo sia un buon segno per l’Europa, certo, ma dopo i trionfi ottenuti da La grande bellezza, che mi spingevano a pensare ad una rinnovata speranza per il sistema produttivo del nostro paese, oggi sono dubbioso che questo possa davvero modificare le cose. Noi autori proviamo a battere la strada del cambiamento, ma poi mancano sempre quelli che devono far accadere le cose. Anche i produttori sono ammalati di prudenza, si cerca di andare sul sicuro ma questo è un lavoro dove l’imperativo categorico deve essere quello del coraggio, poi vengono le idee e poi ci deve essere lo stile”.

Tre elementi che il pubblico e la critica internazionale, in generale, sembrano continuamente apprezzare nel cinema di Sorrentino, con Youth che da pochi giorni è uscito nelle sale americane e ha ottenuto due nomination ai Golden Globes (Jane Fonda come migliore attrice non protagonista e Simple Song #3 di David Lang come miglior canzone originale): “Da noi c’è una scarsa propensione ad amare ciò che va bene, c’è sempre una diffidenza preventiva, ma per fare un cinema ambizioso bisogna abbandonare la prudenza”, dice ancora il regista, che spiega: “La discriminante non è quella di avere un grande cast, o attori di richiamo, ma quella di riuscire a stupire ogni volta lo spettatore, che deve pensare di trovarsi di fronte a qualcosa di non ripetitivo, di non abituale. Il cinema italiano da questo punto di vista è molto vivo, ed è una vitalità che non si misura solamente dai premi vinti: il resto del mondo si sta accorgendo di questo fenomeno, in Italia invece gli organi di stampa non sembrano coglierlo, come se non ci fosse interesse a segnalarlo”, dice ancora il regista, che da Berlino volerà in Sudafrica per l’inizio di un nuovo progetto top secret, con la serie tv The Young Pope ancora in corso di lavorazione: “Ho fatto i 2/3 delle riprese, ma non posso e non voglio dirvi di più. Siamo qui per parlare degli EFA, oggi, e sarebbe bello che il giornalismo cinematografico la smettesse di attaccarsi alla cronaca rosa, al pettegolezzo, e si occupasse di cose più importanti”.