“Un film solo per gli americani? Chiedete a Spielberg, non mi sono mai posta domande sugli aspetti commerciali. Ma Lincoln ha degli elementi universali che toccano tutti i governi: il rischio di chiudersi in se stessi, essere provinciali, non guardare al di fuori. Per questo i popoli oggi sono a rischio: l'economia non va bene, ma nessuno fa qualcosa”. Così Sally Field, che nel film di Steven Spielberg Lincoln, in pole-position agli Oscar con 12 nomination, interpreta la moglie del 16° presidente, Mary: una vita segnata dal successo, quella dei coniugi, ma anche tragedie – un solo figlio sopravvisse fino all'età adulta – e disaccordi sullo sfondo della Guerra Civile, perché la famiglia di Mary Todd Lincoln era originaria del Sud.
Nelle sale dal 24 gennaio con Fox, Lincoln - aggiunge l'attrice, già due volte premio Oscar per Norma Rae e Le stagioni del cuore e ora candidata miglior non protagonista per il ruolo di Mary – “dice bene come la democrazia, seppur fragile e complessa, sia fondamentale: tutti hanno il diritto di governarsi. Il film mostra il peso e le pressioni sul presidente Usa: deve trovare un equilibrio tra le proprie esigenze umane e l'interesse del suo popolo. Come accade, peraltro, ai padri di famiglia: lo sforzo è lo stesso”.
Ma qual è stato l'impatto di Lincoln (nel film il nominato Daniel Day-Lewis)? “Le sue scelte, al sua leadership hanno avuto un impatto decisivo, e non solo per l'abolizione della schiavitù. Forse senza di lui oggi gli Stati Uniti non esisterebbero, la schiavitù avrebbe distrutto il sogno democratico e, al posto degli States, ci sarebbero tanti piccoli staterelli. E, ovviamente, non ci sarebbe Obama”. Sul set di Lincoln “eravamo integri, fedeli ai nostri ruoli, per cui sentivamo un peso tragico: tutti noi eravamo alle prese con la guerra, con i pericoli sensibili per noi e le nostre famiglie”, dice la Field, e ripercorre la genesi della sua parte: “Già nel 2005 Spielberg mi chiese di interpretare Mary. Ho letto varie versioni della sceneggiatura, ma questa di Tony Kushner mi ha fatto tremare le mani. La moglie di Lincoln mi affascinava già quando avevo 20 anni: abbiamo qualcosa in comune fisicamente. Poi ho studiato tanto e ho dovuto prendere 13 chili per la parte”.
Ma che ne pensa la Field dei molti compromessi, tra cui il voto di scambio, a cui Lincoln dovette scendere per far approvare il 13° Emendamento che aboliva la schiavitù? “Il compromesso non è necessariamente negativo;: al contrario delle resa, serve a far andare avanti il processo. Ed esistono compromessi e compromessi, a volte utilizzarli è la cosa migliore: serve progredire e governare con fair play, con giustizia. Anche perché la gestione unica del potere significa dittatura, dove non hai possibilità di scelta”.
Infine, la Field si pronuncia sulla parità di genere a Hollywood: “La disparità è sempre esistita: dall'ideazione alla realizzazione di un film, le donne sono minoritarie, per cui gli uomini portano sul grande schermo i temi che più interessano loro. Hollywood is not equal”.