Curioso il menage a trois del nuovo film di Abbas Kiarostami. Lei, Akiko (Rin Takanashi), ha poco più di 20 anni. Studentessa presso la facoltà di sociologia di giorno, escort di notte. S'imbatte in un cliente speciale, un ex cattedratico (Tadashi Okuno) che vive solo in mezzo a una montagna di libri. Il professore, 80 anni suonati, potrebbe essere suo nonno. Il dubbio resta anche dopo il primo approccio, con l'anziano signore che mostra più premure che pruriti nei confronti della giovane donna. Il terzo uomo è invece il fidanzato di Akiko (Ryo Kase), un tipo irascibile e ossessivo persuaso (non a torto) che la compagna gli nasconda qualcosa. Ma quando finalmente la sorprenderà in macchina in compagnia del professore si convincerà che quest'ultimo è in realtà il nonno.
E' Qualcuno da amare, primo lavoro in Giappone del maestro iraniano che, un anno dopo il suo passaggio a Cannes, arriva il 24 aprile in Italia con Lucky Red (50 sale).
Variazione sui temi dell'amore e sui giochi di ruolo come il precedente Copia conforme, è un lavoro che ratifica il nomadismo di Kiarostami (dall'Italia al Sol Levante) e la sua mania per gli abitacoli delle macchine, diventati da Dieci (2002) in poi, luoghi d'elezione e cifra stilistica del suo cinema: "Mi ero ripromesso di non farlo più - rivela l'autore di capolavori come Sotto gli ulivi e Il sapore della ciliegia - ma temo che anche i miei prossimi progetti saranno ambientati dentro un veicolo. Del resto, dove altrimenti potrei trovare un posto dove due generazioni distanti si dicono cose così intime senza nemmeno guardarsi in faccia?".
Sulla sua prima esperienza nipponica Kiarostami ribadisce quanto detto in altre occasioni: "Mi piacciono i giapponesi e il sushi, ma è un film che poteva essere ambientato ovunque perché racconta una storia che appartiene a tutti". Un storia che sembra non finire: "Lei prosegue, siamo noi che la lasciamo". Un po' è come accaduto a lui, nella storia (d'amore) con il proprio paese: "Io e il governo iraniano non ci capiamo, ma non ho mai pensato di chiedere la cittadinanza a nessun altro paese. Perché dovrei? La cittadinanza non riguarda il passaporto ma il legame con la propria terra. E io la mia la amo". Difficile dire quanto di questo affetto sia ricambiato: "Il film è stato comprato in 20 paesi. No, non in Iran. Ci ho provato ma non c'è stata alcuna possibilità. So per certo però che una versione sottotitolata in inglese circola nel marcato nero". Poi aggiunge: "La creatività non può essere soffocata. In Iran c'è una vitalità artistica senza precedenti. Spesso condizioni sociali avverse favoriscono il genio artistico". Come è accaduto in Italia nel dopoguerra: "Sono cresciuto con i film del neorealismo italiano". E anche con quelli di Ozu e Mizoguchi per la verità: "Questo film porta l'impronta del loro cinema, ma non tutti in Giappone l'hanno capito. Da quelle parti vanno pazzi ormai per i film americani".
Tuttavia in Giappone tornerebbe a lavorare volentieri, magari scoprendo altri esordienti come Takanashi e Okuno: "Ho provato a girare con attori professionisti ma non andavano bene. Recitavano troppo". Di sicuro tornerebbe di corsa in Italia: "Se dovessi fare un film lo farei di sicuro in Puglia. Ho già individuato le location, l'attore protagonista e ho pronta una sceneggiatura. Ma al momento mancano le condizioni per farlo".