Un passo decisivo di questa 61° Berlinale - e di Wim Wenders - è stato la scelta del 3D, il digitale che ha ridato vita alle meraviglie dello spettacolo e in cui, ormai, si intravede il futuro del cinema. Il documentario Pina di Wim Wenders è un intenso studio sull'arte del balletto di Pina Bausch e del suo leggendario Tanz Theather di Wuppertal. Un'avventura mozzafiato nelle profondità dello spazio cinematografico. Un lavoro di passione accolto da pubblico e critica senza riserve.
Wuppertal, la città dove Pina Bausch ha vissuto e lavorato con passione, per Goethe era la "città della pioggia sottile". Il suo documentario è letteralmente inondato di sole e luce.
Non c'è stato un piano, men che meno abbiamo sperato che tutto il tempo splendesse quel sole intenso. È stato un regalo, forse di Pina.
Nella scena del Pas de deux con la donna in abito rosso, forse il momento più bello, c'è da stropicciarsi gli occhi dal sole.
La mia preoccupazione era che ce ne fosse fin troppo! Quella luce era così bella, commovente, che temevo diventasse una scena sentimentale.
La scena sotto la sopraelevata è sommersa di luce. Una delle scene di danza più belle al cinema.
Wuppertal, evidentemente, si è meritata il suo posto al sole.
Pina Bausch non c'è più dal 2009. Eppure, questo film volevate farlo da molti anni. Perché è passato tanto tempo?
Quando dicevo a Pina di fare un film insieme, lei sorrideva. Come faceva sempre lei, come era lei, riservata, attenta. Poi cominciò lei a chiedermi quando avremmo fatto il film, ma ero io a non avere una risposta. Non ero sicuro di cosa fare con l'arte di Pina, se, su uno schermo, con l'artigianato del mio cinema, avrebbe avuto un senso riprodurla.
Poi è arrivato il 3D.
Era il 2007. Fu come un lampo. Improvvisamente sapevo come sarebbe stato il mio film sulla danza di Pina Bausch. Se si toglie di mezzo l'idea da teatrino di burattini inizialmente legata al 3D, si ha un mezzo completamente, radicalmente, nuovo, che nulla ha a che fare con gli effetti speciali, bensí con una nuova dimensione del sentire.
Ci sono filosofi che hanno descritto la danza come la lingua più precisa e veritiera che ci sia. Nietsche fa dire a Zarathustra: "crederei solo a un Dio che sapesse danzare”.
La lingua parlata, concettuale, con la grammatica, il vocabolario e tutte le strutture possibile, è sorprendentemente bidimensionale. Il lavoro di Pina, la danza, che l'uomo conosce e pratica da quando è su questo mondo, è lingua del corpo, dello spazio, della fusione e dello scontro. Una lingua da sempre tridimensionale!
L'improvvisa morte di Pina Bausch non le ha fatto venire voglia di mettere il progetto in un cassetto? Si, l'ho quasi fatto. Per settimane ho pensato che non avesse più senso. Poi sono venuti i ballerini a trovarmi. Ed è stato subito chiaro che fare questo film sarebbe stato l'omaggio e il regalo che Pina avrebbe desiderato.