Il film più bello finora passato al Taormina Film Festival è Corso-The Last Beat. E' un documentario, meglio uno struggente componimento poetico, sugli ultimi momenti di vita del quarto poeta della "generation" di Kerouac, Ginsberg e Burroughs: Gregory Corso. In pieno spirito beat il regista Gustave Reininger - finora riconosciuto più che altro per la sua collaborazione con il grande Michael Mann - ha deciso di girare insieme a colui che amava definirsi "un rivoluzionario dello spirito", l'on the road definitivo, un viaggio doloroso e rivelatore in Europa (tra Parigi, Roma e Atene) alla ricerca delle radici della più importante contro-cultura americana. Corso aveva mostrato molte reticenze ad intraprenderlo, e solo dopo la morte dell'amatissimo Allen Ginsberg, suo mentore e amico, acconsentì a farlo. Narrato da Ethan Hawke, il film è il viaggio di un uomo che era partito per trovare i luoghi della sua "formazione poetica" (l'Europa fu la sua patria elettiva) e aveva finito per scovare il seme stesso della sua poesia: il ritrovamento della madre. "E' stato un miracolo. - racconta in conferenza stampa Reininger - Per tutta la sua vita Corso aveva creduto che la madre l'avesse abbandonato subito dopo la nascita e fosse morta in qualche paesino italiano, e invece durante la lavorazione del film scoprimmo che era viva e vegeta e che abitava a Trenton (New Jersey, ndr). Ritornammo in America perché l'incontro avvenisse. Mi aspettavo che fosse doloroso e pieno di lacrime. Invece Gregory volle solo perdonarla, abbracciarla, e gettarsi indietro il passato". Il concetto di perdono, di una pacificazione con se stessi e con gli altri necessaria, è il centro narrativo del documentario, e "il grande messaggio - continua il regista - che Corso ci ha voluto lasciare. Era un uomo che aveva passato di tutto: l'abbandono della madre, la violenza del padre, la povertà, il carcere. E che aveva accetto questo destino di dolore come fosse l'apprendistato necessario per la sua rinascita poetica e umana". Reininger ha dovuto lottare con una personalità spigolosa, difficile, con "un uomo che era l'essenza stessa della libertà e che aveva bisogno ogni giorno di 40 mm di metadone legalmente prescritto", capace nello stesso tempo d'incantare chiunque con la sua "straordinaria visione poetica e le sue conoscenze sbalorditive sull'arte e la vita, apprese durante gli anni del carcere". Il valore di Corso-The Last Beat è doppiamente testimoniale: primo perché consegna alla memoria un personaggio straordinario e la sua lirica, secondo perché riesce a cogliere con uno stile franto, immediato, "dal vivo", la gioia e il miracolo dell'innesco poetico, del gesto creativo, del genio che "rivela uno spirito non comune". Peccato che questo documentario non verrà visto in Italia: nessun distributore si è preoccupato di acquistarlo. Destino che invece non si è abbattuto sull'inutile La rivolta delle ex di Mark Waters, una commedia sentimentale che ripropone il solito schema dello scapolo impenitente, qui un fotografo di straordinario appeal e successo interpretato da Matthew McConaughey, costretto a rivedere la propria condotta e morale quando cupido farà visita anche al suo cuore di pietra. La freccia scagliata porta il nome di Jennifer Garner, insopportabile nelle vesti di buona e timorata ragazza della porta accanto. Nel cast anche Michael Douglas, il defunto zio del protagonista, che "da morto" cerca di rimediare alle spregiudicate lezioni di vita e di donne impartite al nipote nella precedente esistenza terrena. Un peccato mortale, perché il film si rivela spassoso fin tanto che la butta nel cinismo pruriginoso e scorretto, diventando di contro mieloso, scontato e petulante quando sale in cattedra per l'inevitabile lectio di etica. Che assolve tutti i suoi discepoli e condanna alla noia e alla disapprovazione tutti gli altri. Temiamo saranno in maggioranza.