Più dialoghi, più trama e qualche colpo di scena. Che il cinema dei Dardenne stia cambiando rotta? "Può darsi, è presto per dirlo - risponde enigmatico Luc, il minore dei due (51 anni contro i 54 di Jean-Pierre) - di certo questo film ci ha aperto orizzonti creativi nuovi, in parte condizionati dalla storia che avevamo tra le mani". E la storia è quella de Il matrimonio di Lorna (titolo originale, Le silence de Lorna), premio per la miglior sceneggiatura a Cannes (dove i Dardenne hanno già vinto due Palme d'Oro, nel '99 con Rosetta, nel 2005 con L'enfant) e in arrivo il 19 settembre nelle nostre sale, distribuito dalla Lucky Red in 40 copie. Un intreccio che spinge il rigore morale e formale dei due cineasti belgi verso strade più affabulatorie (per quanto affabulatorio possa essere il loro lavoro), ai confini della suspense: la protagonista del film, Lorna (la bella e brava Arta Dobroshi), è un'immigrata albanese che vorrebbe ottenere la cittadinanza belga e coronare così i sogni d'amore e di rinascita (aprendo un bar) con il conterraneo Sokol (Alban Ukaj). D'accordo con una piccola organizzazione criminale capitanata dallo spietato Fabio (Fabrizio Rongione), sposa un tossicomane, Claudy (Jérémie Renier, altre due volte diretto dai Dardenne), ottiene quello che vuole (la cittadinanza) e e si rende complice del suo delitto... ma a rovinare i piani ci penserà proprio Lorna. "Volevamo realizzare un film che avesse come protagonista una donna. - racconta Jean-Pierre - Era dai tempi di Rosetta che non mettevamo al centro della scena un personaggio femminile. Siamo due uomini e volevamo misuraci nuovamente con l'altra metà del cielo". E l'idea del matrimonio bianco (quello finalizzato ad ottenere la cittadinanza, ndr) come vi è venuto? "Dal racconto di un'educatrice di strada - risponde Jean Luc (i due alternano gli interventi con la precisione di un metronomo) - che ci aveva parlato di un'esperienza simile occorsa al fratello, un tossicomane che era stato ingaggiato dalla mafia albanese per sposare una prostituta straniera in cambio di 10.000 euro. La sorella aveva sentito parlare di alcuni casi di drogati morti per un'overdose dopo quello che aveva tutta l'aria di essere un matrimonio bianco". Come spesso avviene nel cinema dei Dardenne, la macchina da presa è tutta "dalla parte" del male: "Il male è più interessante del bene. Chi è dalla parte del male può cambiare". Un male che sgorga, ancora una volta, da quella fonte chiamata denaro: "Sì e no. - precisa Jean-Pierre - Il denaro ha due valenze nel nostro film. Una evidentemente negativa quando serve a comprare le persone, e una dai risvolti positivi quando ad esempio Claudy consegna a Lorna la sua busta piena di soldi per non ricadere nella tentazione di "comprare la roba". In quel momento l'uomo le sta dando, oltre ai soldi, anche la fiducia". Oltre alla circolazione del denaro, l'altro movimento che interessa il film è quello che traghetta i protagonisti dal vero al falso e viceversa: "Lorna vive per tutto il tempo nella menzogna, nel non detto, salvo accorgersi che gli unici momenti di verità sono proprio quelli trascorsi con Claudy, l'unico che l'abbia veramente amata e che lei abbia amato davvero. Da quel momento il falso organizzato si rivolge contro la stessa organizzazione malavitosa". Con riscatto finale del protagonista, quasi una consuetudine per i due fratelli: "E' la nostra segreta speranza. Nei film siamo molto più ottimisti che nella realtà".