“In Italia non esiste il cinema horror. Esistono degli ottimi film horror, sì. Penso ai recenti The Nest di Roberto De Feo e Shortcut di Alessio Liguori che è appena entrato nella top ten del box office americano, ma è un peccato che si sia smesso di farli in maniera più sistematica. Eppure possiamo contare su una tradizione folcloristica talmente ricca: è strano che non venga utilizzata”.

C’è sincera passione nelle parole di Domenico de Feudis, che esordisce alla regia con Il legame, horror nel cuore nero della Puglia con Riccardo Scamarcio e Mia Maestro, prodotto da HT Film, Indigo Film e Lebowski e disponibile su Netflix dal 2 ottobre (distribuito in tutti i paesi in cui è attivo il servizio, sarà anche doppiato in cinque lingue).

 

de Feudis arriva al lungometraggio dopo due corti (Il corridoio del grande albergo, tratto da Dino Buzzati, e L’ora del buio) e anni di gavetta con Paolo Sorrentino, Valeria Golino, Francesca Comencini, Silvio Soldini: “Prima da volontario – spiega – poi come assistente alla regia. Sul set cerchi di carpire soprattutto come ci si relaziona con gli attori, e quei registi sono straordinari in questo”.

All’origine de Il legame c’è quel repertorio di rituali e culti meridionali già da Ernesto de Martino nei suoi saggi etnografici, su tutti il fondamentale Sud e magia. Un mondo a cui il tranese de Feudis si sente molto vicino: “Ho lasciato la mia regione da ragazzo – racconta – e, ora quindici anni dopo, me ne sono innamorato di nuovo. C’è tutta una cultura popolare, trasmessa oralmente dai racconti dei nonni, che spero stimoli l’interesse dello spettatore, con tutti quei temi così affascinanti come la fascinazione, il malocchio, il tarantolismo, i rituali delle maciare…”.

Il legame - Riccardo Scamarcio - Foto  Matteo Leonetti
Il legame - Riccardo Scamarcio - Foto  Matteo Leonetti
Il legame - Riccardo Scamarcio - Foto Matteo Leonetti
Il legame - Riccardo Scamarcio - Foto di Matteo Leonetti

“Un film a cui ho guardato con grande attenzione – continua – è Il demonio. Brunello Rondi lo girò nello stesso periodo in cui de Martino era impegnato in una delle sue storiche spedizioni etnografiche. Alla fine del film ho voluto inserire le foto che Franco Pinna scattò durante la spedizione proprio per sottolineare la referenza a quegli studi. Sono partito dagli stilemi classici del genere e li ho incrociati con una tradizione radicata, ma mi sono ispirato anche a film come Get Out per la capacità di entrare nella storia montando la tensione”.

Nel cinema italiano quello di Rondi non è l’unico film di genere legato alle atmosfere perturbanti e alle tradizioni arcaiche pugliesi: impossibile non pensare a Non si sevizia un paperino di Lucio Fulci: “Non ci ho pensato subito – rivela de Feudis – e in effetti ci sono delle affinità. C’è da dire che Fulci si è avvalso sì di quel folclore, ma ha scelto di mettere in scena dei rituali meno ancorati alla realtà territoriale.”.

Proprio su Fulci de Feudis racconta un gustoso aneddoto: “Per la scena del morso della tarantola avevo intenzione di usare la lycosa, il ragno lupo che scatena il fenomeno del tarantismo, ma essendo una specie protetta ho dovuto cercare altro. Causalmente ho trovato un mio compaesano che colleziona aracnoidi che mi ha fornito un ragno simile, ma, non potendolo uccidere, ci siamo serviti di un ragno finto per girare il momento in cui Riccardo lo schiaccia con il piede. Insomma, ci portano la stessa tarantola di gomma utilizzata da Lucio Fulci in ...e tu vivrai nel terrore! – L’aldilà: una reliquia. Il giorno in cui erano previste le riprese della scena c’era un’atmosfera incredibile: stavamo girando solo un dettaglio ed eravamo tutti lì, attorno al letto, a guardare Riccardo che schiacciava il ragno di gomma di Fulci”.

 

Com’è stato il lavoro con gli attori? “Riccardo è pugliese come me, Mia ha imparato l’italiano per l’occasione. Hanno due filmografie corpose, sono interpreti di grande esperienza, mi hanno dato un aiuto enorme. Gli altri attori del cast sono solo in parte pugliesi (Roberto Negri e Susi Rutigliano): ci sono anche siciliani (Mariella Lo Sardo, Raffaella D'Avella e Sebastiano Filocamo) e addirittura settentrionali (la trevigiana Federica Rosellini). Sul set sono stati assistiti da una sorta di coach che ripeteva loro le battute in dialetto”.

Importante anche la scelta delle location de Il legame: a Selva di Fasano c’è la villa in stile liberty, l’uliveto (tra i più antichi d’Italia) si trova tra Fasano e Monopoli, nella Gravina di Laterza sono state girate le sequenze nella grotta rupestre. “Il mio obiettivo – conclude de Feudis – era trasmettere e restituire un’idea di credibilità. Per fortuna ho trovato maestranze e produttori entusiasti di tornare all’horror”.