"Guardo i film con le stesse aspettative per cui li faccio: provare emozioni". A muovere il giurato d'eccezione Laurent Cantet, chiamato insieme a Ari Folman e Aimee Mullins a decretare il vincitore di Taormina 2009, non è il rigore del critico ma un percorso affettivo. Abbiamo incontrato il regista di A tempo pieno e La classe in uno dei rari momenti di relax che il tran tran quotidiano del festival siciliano gli concede ("E' un programma fittissimo", ammette) per parlare della kermesse, dell'inedita veste in giuria, del suo cinema, di quello degli altri e dei nuovi progetti.

Siamo arrivati a metà del cammino del festival. Quali sono le sue impressioni, da spettatore, sui titoli selezionati e sulla qualità della kermesse?
Come in ogni manifestazione, si sono viste cose buone e altre meno buone. Ma l'elemento che qualifica senz'altro questo festival è la multiculturalità delle proposte. Abbiamo avuto film provenienti da tutti e cinque i continenti, sperimentato un'incredibile varietà di temi, di sensibilità, di sguardi e scoperto forse nuovi autori. E' quello che ogni festival dovrebbe fare"

Pur nella sua eterogeneità, mi pare però che il fil rouge della manifestazione possa essere considerata la problematica dell'immigrazione, dei confini che si riducono e si allargano, tra spirito di solidarietà e paura dell'altro.
E' certamente il grande tema di oggi, lo spettro che attraversa la politica, la cultura, l'arte. Il cinema contemporaneo non si è sottratto alla sfida di uno sguardo insieme analitico e totale, della testimonianza senza pregiudizi né ideologie di una realtà estremamente complessa e sfuggente.

La mancanza di nuove utopie però non rischia di relegare il cinema al ruolo di semplice fotografo dell'esistente?
L'attuale contingenza storica non ammette alternative. I grandi sogni degli anni '60 sono tramontati da un pezzo e hannno spesso imbavagliato la libertà d'ispirazione. Oggi abbiamo bisogno innanzitutto di osservare, di guardare in faccia una realtà terribilmente intricata, di comprenderla. Sta emergendo un nuovo cinema politico, orfano delle ideologie del passato. Il suo obbiettivo non é immaginare un mondo nuovo ma prendere coscienza di quello che ci troviamo di fronte. Rendere conto ad esempio di tutti gli uomini e le donne che vivono l'inferno dello sradicamento, la tragedie dei non-luoghi: esseri umani che fuggono dai loro Paesi d'origine e vengono respinti in quelli che sognano di abitare".

Eppure nei suoi film non mancano le fughe in avanti, i nuovi orizzonti...
E' umano portare il proprio sguardo oltre il proprio presente, immaginare un futuro diverso. M'interessa il destino dell'individuo nella società contemporanea. E nel concetto di destino ritroviamo sempre il reale e le sue possibilità, l'oggi e il domani"

Lei appartiene a una generazione di registi posteriore alla nouvelle vague ed estranea al disimpegno della commedia francese più recente. Chi sono stati i suoi maestri e chi saranno i suoi eredi?
A me il cinema piace a 360 gradi. Sono cresciuto con i film di Rossellini, di Renoir e di John Ford, ma gli influssi sono stati molti di più. Mentre non ho la più pallida idea di quali possano essere i miei eredi"

E quali sono i colleghi di cui ha particolare stima?
Tanti. Per restare in Italia, ho amato molto Gomorra di Garrone, il suo lavoro sul montaggio e lo smantellamento del punto di vista"

Quale dei suoi film invece ama di più?
Direi A tempo pieno per le sensazioni che continua a suscitarmi ancora oggi, e La classe per il risultato e il metodo raggiunto.

Nuovi progetti?
Al momento vado in giro per i festival, interviste, seminari. Non ho ancora un'idea precisa di quale sarà il mio prossimo film. Quello che so è che con la classe ho imparato un modus operandi, uno stile e una progettazione che spero di proporre anche nei futuri lavori. Inoltre, la vittoria della Palma d'oro dovrebbe assicurarmi maggiori finanziamenti.

E se una major americana si facesse avanti?
E' già successo. Mi avevano proposto un film sull'uragano Katrina. Ma quando gli ho detto che volevo attori non professionisti, una sceneggiatura libera e una troupe di mia fiducia, si sono tirati indietro. Non ho ancora capito perché".