"Il Leone d'Oro è stato un bene, ma anche un peso. Dopo la vittoria è stato molto più facile trovare i finanziamenti per i miei film, ma allo stesso tempo ho vissuto con la consapevolezza che da quel momento avrei dovuto fare sempre meglio". A parlare è il regista taiwanese Hou Hsiao-hsien, ospite dell'Asian Film Festival, che a lui dedica una retrospettiva: da The Time to Live and the Time to Die a Café Lumiere. Autore tra i più apprezzati all'estero, Hsiao Hsien ha incontrato ieri il pubblico del festival e ripercorso le tappe della sua carriera: dal trionfo alla Mostra del Cinema di Venezia nell'89 con Città dolente all'applaudito Three Times, presentato in concorso al 58esimo festival di Cannes. Il film è il racconto di un amore attraverso tre episodi ambientati in tre differenti epoche: all'inizio del secolo, negli anni '60 e nella Taipei contemporanea. "All'inizio dovevamo essere in tre a dirigerlo, io e due esordienti - racconta il regista -. Avevano anche ottenuto il finanziamento statale, ma il pubblico non dà fiducia ai giovani e così i produttori hanno deciso di non farne più nulla e hanno affidato a me il compito di realizzarlo". Diverso l'atteggiamento del regista verso le nuove leve. Tra i suoi sogni quello di aprire una "scuola" attraverso la quale insegnare loro ad "esprimersi" e "a cercare se stessi". "I giovani di oggi si danno molto da fare, prendono in mano la videocamera e fanno di tutto, ma non hanno stile, personalità e non sanno comunicare". Nato in Cina, ma vissuto in esilio Taiwan dall'età di un anno, Hou Hsiao-hsien ha parlato anche della tanto temuta invasione cinese dell'Occidente: "La Cina è sempre stata sottomessa da tutti, la gente ha vissuto nella povertà più totale e siamo anche in tanti. Non è stato facile e ora, dopo tanti anni di chiusura, l'effetto è come quello di una diga, l'acqua esce in maniera dirompente e travolge tutto. Una caratteristica dei cinesi - continua - è che hanno voglia di lavorare e se trovano un posto in cui possono stare bene ci rimangono". Per il momento niente film per il cinema, ma parteciperà insieme a Raoul Ruiz e Jim Jarmush a un progetto commissionato dal museo d'Orsay di Parigi per la realizzazione di tre mediometraggi.