“Marcello Mastroianni? L'attore più rilassato che abbia mai incontrato. Lee Marvin? Fantastico. Gli piaceva bere, una sera ho fatto un viaggio con lui sdraiato sul tetto della mia macchina”. John Boorman è in ottima forma, nonostante i 77 anni e il lungo viaggio per arrivare a Torino, causa il maltempo che imperversa sull'Inghilterra. Racconta aneddoti a valanga durante la cerimonia di consegna del Gran Premio Torino alla carriera, giunto alla seconda edizione. “E' un riconoscimento dovuto - dice il direttore del festival Gianni Amelio -. E sono particolarmente felice di darlo a Boorman per una serie di avvenimenti che ci hanno legato nel tempo. Anni fa avevamo scritto uno dell'altro senza saperlo. Lui parlava di me in riferimento a Porte aperte, e io di lui per Un tranquillo weekend di paura. Poi un giorno, mentre ero al festival di Cannes, per Il ladro di bambini, nel '92, ricevo una sua telefonata. Voleva sentire la mia voce, perché era convinto che parlassi a bassa voce. Anche quando giravo, al contrario di lui che per paura di non essere sentito la alzava troppo. Almeno questo è quanto ha detto a me”.
Già direttore della sezione documentari della BBC, Boorman esordisce in Inghilterra nel '65 con Prendeteci se potete, un film musicale. Studioso, saggista, mentre è negli Usa per girare un ritratto di Griffith riceve le prime offerte e gira Senza un attimo di tregua ('67) con Lee Marvin, Duello nel Pacifico (sempre con Lee Marvin) e Un tranquillo weekend di paura ('72) con Jon Voight e Burt Reynolds. “Due attori profondamente diversi - ricorda -. Jon veniva dall'Actor's Studio. Si preparava alla perfezione prima di ogni scena, Burt invece non si preoccupava troppo e improvvisava. Insieme hanno fatto scintille, ma allo stesso tempo si sono influenzati positivamente. Il primo costretto a stringere i tempi per l'impazienza dell'altro, e Burt a riflettere più del solito sul suo personaggio. Immaginate che cosa è successo quando li ho messi sulla canoa in mezzo alla rapide del fiume…”. Con Mastroianni ha lavorato per Leone l'ultimo, nel ‘70. “Avevo pensato a lui fin dall'inizio - dice -. Un aristocratico europeo che possiede un'intera strada di Londra. Era perfetto per quel ruolo, alla fine sono riuscito a convincerlo ed è stata una bellissima esperienza: era un attore di cinema completo”. Confessa che detesta leggere gli script. “Preferisco fare da solo. In America ci sono i guru della sceneggiatura: insegnano alla gente come scrivere in 3 atti. Per me la combinazione migliore è 10 rulli. Il problema degli americani è la mancanza di originalità”. Accantonato per ora il progetto di adattamento delle Memorie di Adriano per mancanza di finanziamenti, a maggio tornerà sul set, in Bulgaria, per girare Broken Dream. Una storia ambientata nel futuro, in cui la civiltà sta scomparendo per mancanza di fonti di energia, protagonista un illusionista che ha trovato un modo di fuggire in un'altra dimensione. “Il cinema che mi piace - conclude - è quello che non ho ancora visto”.