Accolto trionfalmente all’ultimo Festival di Cannes, dove è stato presentato fuori concorso, arriva nelle nostre sale il 16 settembre Inside Out, nuovo capolavoro partorito dai geni della Pixar.

L'ispirazione del film, ci raccontano i registi Pete Docter e Ronnie Del Carmen, nasce dalle loro figlie, prese a modello della Riley protagonista, trasferita poi sullo schermo grazie a un metodo di lavoro sempre più vincente.

Il regista Pete Docter

Sembra sempre molto facile raccontare delle storie come fate voi, ma come nascono? In questo caso?

Del Carmen: Semplicemente raccontandoci storie sulle nostre famiglie, l'uno all'altro. Avevamo bisogno solo di fogli per disegnare poi, non molto altro.

Docter: Quando vedi il film sembra tutto facile perché le risposte sono già lì dentro, ma quando ancora non le hai e stai discutendo di questi concept è un'altra cosa. Per ogni dubbio, ne parlavo con Ronnie e mentre io parlavo lui stava già disegnando qualcosa ed ecco, era lì. Pazzesco! È un vero visual writer e il fatto che fosse così fortemente coinvolto ha aiutato molto nella preproduzione, una fase nella quale abbiamo dovuto affrontare molte sfide.

E qual è il suo segreto? Quella stanza con le pareti tappezzate di disegni? È come lavorare dentro uno storyboard...

Del Carmen: Molte delle nostre storie iniziano in stanze così semplici, intorno a un tavolo con un paio di sedie. In questo caso siamo partiti da un concept di Pete, uno di quelli dai quali non puoi non fare un film. Poi si parla, dei personaggi, ci lavori, li disegni e ne parli ancora. Fino a che non vanno bene. Ma ci vogliono cinque anni.

Di questi cinque anni, qual è il più difficile?

Docter: Da producer sei più sotto pressione alla fine, ma per me, da scrittore, la pressione maggiore è nella parte centrale. All'inizio nessuno si aspetta niente, ma intorno ai tre anni è bene che ci sia qualcosa.

Come per questo film, davvero a un certo punto non sapevate come andare avanti?

Docter: Già, dopo 2 o 3 anni guardandolo insieme non funzionava. Non avevamo una storia. Ho iniziato a chiedermi se gli altri film fossero stati un colpo di fortuna e cosa stessi facendo. Ero sull'orlo della disperazione. Durante un fine settimana, per la festa del papà, stavo lavorando ed ero lì lì per mollare tutto, quando ho iniziato a pensare cosa mi mancasse… Casa? La Pixar? No, i miei amici. Le persone con cui condividevo la gioia e la tristezza, le emozioni chiave. Sono quelle le persone più importanti per noi.

Avete studiato le vostre figlie, ma nella testa di madre e padre sembrano dominare tristezza e rabbia, perché?

Del Carmen: Abbiamo fatto ricerche sulle emozioni. Sulla varietà di espressioni che comportano. La rabbia ti protegge, ti fa reagire all'ingiustizia, è una forza essenziale. Per questo il padre non è una persona arrabbiata, ma coraggiosa. E la madre anche. la sua tristezza è la capacità di capire quando l'altra persona ha bisogno di aiuto, quindi una versione matura è l'empatia. Fondamentale in una madre che si preoccupa per la sua famiglia.

Il regista Ronnie Del Carmen

Quali altre emozioni avevate considerato?

Del Carmen: Abbiamo provato l'Orgoglio, ma ci siamo accorti che non riuscivamo a usarlo bene. Come anche la Speranza. Alla fine abbiamo cercato quello che potesse fare il meglio della storia. Anche i terapisti che abbiamo consultato ci hanno aiutato a creare delle regole. Per esempio una volta avevamo mostrato le nostre emozioni mentre mangiavano cibo cinese nel quartier generale. Era divertente, ma non aveva senso. Le emozioni mangiano? E c'è un ristorante cinese nella nostra testa? Non funzionava.