Gabrielle di Patrice Chéreau conquista solo a metà i critici italiani. A sollevare il dibattito, la recensione di Tullio Kezich comparsa oggi sul Corriere della Sera. Attesissimo alla vigilia e strappato in extremis al festival di Cannes, il dramma in concorso con Isabelle Huppert e Pascal Greggory viene definito dal critico "un film sbagliato, ma tutt'altro che inutile". "E' tanto privo di vita - gli rimprovera Kezich - che in futuro lo si immagina facilmente offerto all'attenzione degli studenti al centro di un teatro anatomico". Di tutt'altro avviso, il critico del Messaggero Fabio Ferzetti lo esalta come "appassionante" e "istruttivo": "Con Gabrielle, come con Intimacy - scrive -, Patrice Chéreau mette sul tavolo anatomico la coppia intesa come prodotto storico, interfaccia tra individuo e società". Una "dissezione", la definisce, a servizio della quale il regista francese mette scene, luci e arredi. "Cheréau estrae verità da ogni possibile convenzione" spiega, e il risultato è un capolavoro di scrittura e scenografia: "Non ci fosse dietro un racconto di Conrad, si direbbe un capitolo di Proust sceneggiato da Strindberg e girato à la Bergman. Mai visto ricreare quell'epoca al cinema con maggior cura". Di segno totalmente opposto, la critica di Kezich rimprovera invece agli sceneggiatori proprio il tradimento e la pretesa di migliorare il testo letterario, sia nella creazione "di sana pianta della figura femminile", che nell'adozione di scenografie del tutto sproporzionate. Natalia Aspesi parla invece su Repubblica di "implacabile raffinatezza" e "sovrabbondanza di lusso", mentre negativa è anche l'accoglienza riservata al film da l'Unità. Chéreau, scrive Dario Zonta, risolve la sua analisi di coppia in una "stilizzata rappresentazione dell'angoscia, della paura di chi abbandona e di chi è abbandonato". Il risultato è "un cinema di parole e di attori immensamente statico", "datato, già visto, noioso e ripetitivo". Altro nodo della discordia, l'interpretazione degli attori. Se per il Corriere della Sera Isabelle Huppert e Pascal Greggory "non ne escono bene", la coppia riceve l'unanime consenso di quasi tutte le altre testate. Lietta Tornabuoni riconosce loro "straordinaria bravura" sulla Stampa, aggiungendo che "il regista sa estrarre il pensiero e il dolore dalle loro facce molto intensamente". Silvio Danese parla infine sul Quotidiano Nazionale di un film "fondato sulle prove degli attori": "Isabelle Huppert innesta acciaio nella flessuosità femminile - scrive - per inchiodare alle responsabilità del disamore Pascal Greggory".