“Sono un  arbitro estremamente intransigente, profondamente ambizioso, ma chiederò una mano alla persona sbagliata, accettando compromessi e soldi. E allora dalla finale di Champions League  mi ritroverò condannato a quella della terza categoria in Sardegna”. Parola di Stefano Accorsi, protagonista de L'arbitro, diretto dall'esordiente Paolo Zucca e in cartellone (pre-apertura) alle Giornate degli Autori della 70. Mostra di Venezia.
Nel cast anche Geppi Cucciari, Jacopo Cullin, Alessio Di Clemente, Marco Messeri, Francesco Pannofino e Benito Urgu, il film girato in bianco & nero è prodotto da Amedeo Pagani e arriverà nelle nostre sale il 12 settembre con Lucky Red: alla storia del fischietto Cruciani (Accorsi), si intreccia la singolare, grottesca tenzone tra la forte squadra del Montecrastu e il povero Atletico Pabarile, allenato da un mister cieco (Urgu) e forse salvato dal giovane emigrato Matzutzi (Cullin) che fa ritorno sull'isola. “Sono rimasto affascinato da un autore che racconta qualcosa che gli viene da una parte intima, quasi inesplorata: è un film molto personale, con uno stile così preciso, e Paolo (Zucca, NdR) è un condottiero che si ha voglia di seguire, perché ama tanto quel che fa”, dice Accorsi.
Se la Cucciari ironizza: “La Sardegna è un posto stupendo da cui andare via… per poi tornare”, Zucca che con la co-sceneggiatrice Barbara Alberti ha espanso il suo pluripremiato corto omonimo del 2009 sottolinea come “l'arbitro è una figura cristologica, il capo espiatorio perfetto. Del resto, il calcio è religione, e qui abbiamo trovato divertente accostare una simbologia religiosa al calcio in quanto rituale”. Ma, sottolinea il regista, “non avevamo alcuna intenzione di prendere in giro il calcio. Viceversa, questo è un atto d'amore”.
Mentre la Alberti  esulta: “Il film si può odiare o amare, ma qualcosa di così esteticamente folle non l'ho mai vista”, Zucca tocca anche il tema Calciopoli, perché l'arbitro è venduto: “Ho ascoltato tutte le  intercettazioni, ho studiato molto, ma poi ho dimenticato i nomi e le vicende, rimanendo sintonizzato sulla musica, la gelatina linguistica dei truffatori. Ma ogni riferimento a fatti e persone, ribadisco, è puramente casuale”.