"Non è un film di sesso, droga e gossip rock'n'roll”. Parola di Todd Haynes, che porta a Cannes fuori concorso il suo primo documentario, The Velvet Underground, dedicato al gruppo iconico di Lou Reed, John Cale e Nico, tenuto a battesimo nella New York Anni Sessanta da Andy Warhol.

Il regista Todd Haynes

Targato Apple, rinnova la passione musicale di Haynes, che nel 1998 proprio a Cannes portò in Concorso Velvet Goldmine: “Volevamo abbracciare la vita culturale di New York City, e l'integrità artistica e quanto complicata e profonda essa sia, e quanto ricca e bella. Insomma, il film è un ritratto di NY tanto quanto lo è questa band".

Tra materiale d’archivio, più di 600 ore di filmati presi dalla vedova di Lou Reed, Laurie Anderson, e dal Museum of Modern Art, talking heads, ovviamente musica, spiccano le registrazioni di Lou, e forse ancor più le sue immagini: “Abbiamo usato molto la sua voce da materiale d'archivio, ma far sì che la sua presenza impregnasse il film penso sia stata la più grande delle sfide", ha detto Haynes durante la conferenza stampa a Cannes. “Abbiamo visto tutti quelle immagini degli screen test dei Velvet Underground, principalmente in foto perché l'illuminazione è fantastica e sembrano tutte belle e sexy. Ma personalmente, fino a quando non abbiamo iniziato a mettere insieme tutto questo, non avevo mai guardato uno screen test dall'inizio alla fine".

Alla realizzazione del film ha contribuito in misura determinante il Covid, per fortuna positivamente: “All'inizio del 2020, dopo l'uscita di Dark Waters, io e il mio montatore abituale Affonso Goncalves eravamo pienamente disponibili per unirci ad Adam Kurnitz (altro montatore, NdR) e dedicarci tutto il nostro tempo, ed è stato proprio nei primi mesi del Covid. La pandemia ci ha bloccato in questa straordinaria esperienza”.