Dopo la delusione "Vinterberg", un altro colpo basso arriva dal Giappone. Se Submarino conferma la parabola discendente del regista di Festen, nonostante le buone intenzioni - raccontare una storia edificante per le nuove generazioni - Koji Wakamatsu, stimato autore in patria e all'estero, va persino oltre i clichè di Vinterberg. Caterpillar, in concorso a Berlino, è il tentativo di riaccendere la memoria storica dei giovani, sulle mostruosità della seconda guerra mondiale e sui tragici fatti di Nagasaki e Hiroshima, attraverso l'odissea di un ufficiale pluridecorato che torna a casa privo di gambe e braccia. Celebrato come una divinità da amici e conoscenti, è costretto a una quotidianità terribile e lo spettatore all'ossessiva messa a fuoco delle funzioni primarie di quel che resta di un essere umano.
La sorpresa arriva invece dalla Norvegia: Hans Petter, già a Berlino nel 2004 con Beautiful Country, dimostra con A Somewhat Gentle Man che con una solida trama e un grande attore (Stellan Skarsgard formidabile, si candida al premio come protagonista) al cinema si può raccontare qualsiasi cosa. Ulrik (Skarsgard) esce di prigione dopo 12 anni. Non ha più nessuno se non il suo ex capo malavitoso che gli procura vitto e alloggio. In cambio vuole che finisca il lavoro: ammazzi tale Kenny, quello che lo ha spedito in carcere. Intanto Ulrik cerca di rivedere il figlio, che lo ha cancellato dalla sua vita, così come l'ex moglie. Dalla stanzetta in cui dorme agli incontri grotteschi con la padrona di casa (a cui si assoggetta privo di desiderio), è un'esistenza grigia e senza futuro. Ma le cose non vanno come da copione: anzi i dialoghi ben scritti, il ritmo serrato e l'interpretazione di Skarsgard rendono A Somewhat Gentle Man un gioiello di ironia che rimanda al migliore Kaurismaki.