A Nagisa Oshima e Nicholas Ray verranno dedicate le due retrospettive in programma al 27° Torino Film Festival, il primo diretto da Gianni Amelio, e che si svolgerà a Torino dal 13 al 21 novembre 2009. L'omaggio a Nagisa Oshima, maestro della nouvelle vague giapponese, è a cura di Stefano Francia di Celle e comprende tutti i suoi lungometraggi e un'ampia selezione delle sue numerose regie televisive, dai telefilm e i documentari degli anni '60 e '70 - tra i quali si ricordano Un esercito imperiale dimenticato, Un piccolo viaggio avventuroso, La vita di Mao - sino alla sua recente, bellissima storia del cinema giapponese. Rigoroso e inquietante, Oshima è stato il regista della giovinezza, del tormento, della protesta, il poeta politico che ha raccontato i movimenti studenteschi (con Notte e nebbia in Giappone), le contraddizioni della società giapponese, i temi della modernità che gli stavano a cuore, come il sesso, il delitto, la fantasia. La cerimonia è il suo capolavoro del 1972, e compendia con immenso dolore la storia del Giappone del dopoguerra, mentre dà voce allo scandaloso erotismo radicale con Ecco l'impero dei sensi. Autore scomodo ed estremo, è essenzialmente grazie al suo distributore francese che ha potuto realizzare i suoi film più recenti, Furyo (1983, con David Bowie e Ryüichi Sakamoto) e Max, mon amour (1986, con Charlotte Rampling). Il suo ultimo film è Gohatto, con Takeshi "Beat" Kitano. Nicholas Ray è un autore fondamentale nel passaggio dal cinema classico alla Hollywood del disincanto. Nella retrospettiva - a cura di Emanuela Martini - verranno proposti tutti i film diretti da Ray, dal 1946 al 1973, l'anno di We Can't Go Home Again, realizzato con gli allievi del college dove insegnava cinema. Inoltre, insieme a Nick's Movie (firmato con il regista-discepolo Wim Wenders), verrà presentata una selezione dei film che Ray ha sceneggiato e interpretato. Nicholas Ray era colto, politicizzato, appassionato di teatro, letteratura e musica popolare, aveva studiato architettura con Frank Lloyd Wright ed era amico di Elia Kazan e di Joseph Losey. Come loro, raccontava un'America dilaniata dalle contraddizioni, percorsa da giovani in cerca di identità (da Gioventù bruciata a La donna del bandito), da donne capaci di combattere per un'idea morale (da sua moglie Gloria Grahame, alla Crawford di Johnny Guitar alla Cyd Charisse de Il dominatore di Chicago), da fuggiaschi, pazzi idealisti, perdenti. Innamorato dei generi, del cinemascope e del technicolor, Ray con i suoi gangster film, i suoi western, i suoi drammi familiari cominciò a corrodere i miti creati dal cinema americano precedente e a raccontare un'America disorientata, sottosopra, barbara e decadente.