"Io come Bukowski e il buon vino: maturo col tempo". Il paragone è di Matt Dillon, l'ex Rusty il selvaggio e Ragazzo della 56a strada, da poco candidato all'Oscar per la sua interpretazione in Crash. L'attore americano, ormai più che quarantenne, è a Saint Vincent per la 52a edizione delle Grolle d'Oro, che gli riserveranno domani un Premio Speciale. Sua ultima interpretazione è Factotum, film del norvegese Bent Hamer in sala dal 31 marzo, in cui interpreta l'alter ego dello scrittore Charles Bukowski. "Negli anni è completamente cambiato il mio modo di guardare le cose - dice Dillon -. Non si è trattato di un momento particolare, ma di una graduale maturazione nel tempo. Quello che ora mi interessa è rispettare la mia integrità e purezza, liberandomi da modelli che ormai non mi appartengono più".
Anche per questo Dillon dice di aver accettato la sfida del regista di Kitchen Stories: "Quando ho letto Bukowski avevo vent'anni. Come per molti miei coetanei, lo consideravo quasi un mito, un punto di riferimento. Mai avrei pensato che un giorno sarei arrivato ad interpretarlo, anche perché ai miei occhi era un nonno. Lo immaginavo imponente, coi capelli bianchi". Nel film, presentato lo scorso anno alla Quinzaine des Realisateurs di Cannes, la trasformazione è invece giocata sui piccoli particolari. L'attore, che appare soltanto imbolsito e trasandato, affida la metamorfosi alla fisicità: "Il linguaggio del corpo è stato importantissimo - racconta - sapevo di dover ingrassare, ma non volevo farlo con lo spirito di tanti attori, che poi declamano i chili che hanno dovuto prendere. Mi sono semplicemente lasciato andare, come immagino facesse lo stesso Bukowski: abbandonandomi a un graduale decadimento del corpo e a ritmi di vita completamente rallentati".
Al centro di Factotum, come dell'omonimo romanzo di Bukowski e degli altri suoi racconti a cui è liberamente ispirato, è la parabola di Henry Chinaski: scrittore dissoluto e ribelle, che vive alla giornata, campando di sbronze e lavoretti. Tra una donna e l'altra, ottimamente interpretate da Marisa Tomei e Lily Taylor, il protagonista sopravvive a stento ai margini della società: "Bukowski non era però affatto una persona sporca. A colpirmi è anzi stata la sua grande dignità e pulizia interiore. Per onestà e immediatezza, lo considero di gran lunga superiore a tanti scrittori oggi celebratissimi. Un tempo pensavo che sarei passato a una letteratura 'più alta', ma invece più passano gli anni, più scopro la sua grandezza". Speranza di Dillon è infatti che il film aiuti anche a riscoprire Bukowski: "Sono sorpreso che non sia più famoso come un tempo. Molti giovani americani, anche se ubriaconi e ribelli, oggi non sanno neppure chi sia". Determinante, nella scelta di interpretare il film, anche il fatto che a dirigerlo fosse il norvegese Bent Hamer: "Dalla prospettiva di Bukowski anche Factotum sarebbe una commedia. Quando ho visto Kitchen Stories mi ha colpito l'insolito approccio al genere del regista e ho capito che avrebbe dato il giusto taglio al film". L'esperienza sul set, dice, ha poi confermato le prime impressioni: "Con Hamer ho subito trovato un'affinità molto profonda. Lavorare con lui è stata un'esperienza molto istruttiva: non solo lascia grande spazio agli attori, ma ha anche un'idea del cinema molto chiara e una cura maniacale dei particolari". Dillon, che ha da poco finito di girare la commedia Me, You and Dupree con Michael Douglas e Kate Hudson, sarà lunedì 27 a Roma, per leggere dei brani di Buchowski sul palco del Teatro Argentina insieme ad Alessandro Haber.