La 62. Berlinale è cominciata, un giorno prima dell'apertura ufficiale, con un viaggio (sono venti metri, sembrano chilometri) nel corridoio che conduce alla stanza della morte. Quella dell'iniezione letale. Werner Herzog, autore del maxi documentario in quattro parti Death Row, chiarisce subito in off di essere contrario alla pena capitale. Ma anche di non avere comprensione per i condannati autori di quei crimini orrendi. “La rispetto, ma ciò non significa che lei mi piaccia”. Death Row è la continuazione del suo precedente, Into the Abyss: A Tale of Death, A Tale of Life, presentato a settembre a Toronto.
Herzog ha cinque soggetti, quattro uomini e una donna. Tutti in Texas, tranne James Barnes, in Florida. Il cineasta tedesco chiarisce subito ai condannati-protagonisti e agli spettatori: “Girerò nella maniera più diretta che a un regista sia dato di fare. Uno ‘straight-shooter'. “Perché solo così riesco a far sentire l'odore della morte attraverso lo schermo”. I candidati ci stanno, ed è documentario nella sua forma espressione più alta. Alle domande sulla vita e la morte che incombe, i condannati consegnano al regista uno sguardo profondo, ma sobrio, nell'abisso. Herzog spiega: “Certo che mi affascina dare uno sguardo nel fondo di un'anima. Perché al di là di tutto, di credenze e convinzioni, ci sono casi in cui non resta nient'altro che l'abisso”.
Difficilissime le riprese. Herzog si è dovuto attenere alle rigidissime direttive delle carceri. Per esempio, solo 50 minuti tassativi a intervista. Abbastanza per cogliere l'orrore dei crimini perpetrati. Werner Herzog si toglie l'abito di Werner Herzog e per questo gli riesce il progetto. Nudo e crudo. La potenza del linguaggio quella rimane. Il tono è morbido, leggero. Linda Carty, George Rivas, Joseph Garcia, Hank Skinner, e James Barnes sono esseri umani, non mostri, che hanno compiuto atti mostruosi. Sono decadi che Herzog è impegnato con il mezzo documentario. Il suo precedente Cave of Forgotten Dreams, presentato l'anno scorso a Berlino e primo documentario 3D della storia girato nelle celebri grotte di Chauvet nel sud della Francia, racconta con immagini straordinarie l'inizio dell'umanità. Death Row è un viaggio profondo nell'anima dell'uomo, venticinquemila anni dopo quelle stupende pitture. E un'ode all'umanità, alla vita, alla comprensione.