“Perché questa storia? Ci son tante tematiche su cui rifletto, e ne ho una valutazione confusa: il modo in cui viviamo, la difficoltà dei nostri rapporti”. Parola del regista Spike Jonze, che porta in Concorso al Festival di Roma l'applauditissimo Her, da lui scritto e interpretato da Joaquin Phoenix, Rooney Mara, Amy Adams, Olivia Wilde e Scarlett Johansson (voce).
Ambientato a L.A. in un futuro non meglio precisato, Her (nelle sale con Bim a marzo 2014) segue le vicende di Theodore (Phoenix), profondo, piacente, scrittore di lettere per conto terzi e prossimo al divorzio (Rooney Mara): una separazione dolorosa, Theo ne soffre e ha ridotto la propria vita sociale, un'unica amica assidua (Adams) e sparuti appuntamenti (Wilde). Le cose cambiano quando lancia un nuovo sistema operativo che promette di essere unico e intuitivo: ha una voce femminile, brillante e simpatetica (Johansson), il nome Samantha e… l'amore per passo successivo?“Mia sorella, che è anche il mio agente, mi ha detto – afferma Phoenix - che Spike aveva questa sceneggiatura: l'ho letta” e conclude il regista “Ci siamo innamorati”. Conferma Rooney Mara: “Mi sono innamorata anch'io dello script, Spike riteneva fossi troppo giovane, ho dovuto convincerlo, perché la forza interiore è senza tempo”.
Her presenta, dice il regista, “un mondo accogliente: bei colori, ambienti gradevoli, cibo e caffè buono, anche se voi a Roma già ci siete abituati… Tutto è facile, piacevole, la tecnologia rende tutto più semplice, ma c'è gente che rimane ancora sola, con desideri non realizzati, ed è ancora più doloroso”. Se sul suo costume Phoenix scherza – “Perché sempre gli stessi pantaloni? Non i piaceva cambiarli” – Jonze rivela l'interazione tra Joaquin e Scarlett Johansson: “Sul set c'era un'attrice che faceva Samantha, ovvero Samantha Morton, e il dialogo avveniva lì: Joaquin parlava con lei.  Poi in postproduzione è arrivata Scarlett, e con lei Joaquin ha ricreato l'intimità del dialogo”. Abituato a ruoli al confine, sovente estremi, Phoenix con Theodore interpreta un tipo comune, ma non c'è da scavarci troppo: “Non ho una tecnica particolare, sono in evoluzione costante come attore: cerco ancora di capire il meccanismo, non formulo una teoria o una tesi e poi vado a lavorare: qui soffro, sono confuso, ho provato con gli occhiali e i baffi, cercando di trovare il personaggio. Ma, ripeto, non ho ricette, non è così che affronto un impegno, e molto dipende anche dal regista”. Sulla presenza assente di Samantha, che non ha corpo né storia, Jonze osserva: “Creiamo un rapporto di amore già nelle nostre teste, già li nascono conflitti: Theodore si rapporta con lei più facilmente che con le persone che incontra. Non so se dire se in futuro l'amore sarà questo, d'altronde chi può? Me lo chiedo anche io…”. Viceversa, chiara è “la volontà di non giudicare: voglio vedere da ogni punto di vista, non prendo posizione rispetto a  idee e personaggi, e così ho affrontato anche questo film. Giudicassi, perderei tutte le altre sfumature di senso rispetto a un'idea o una persona: faccio lo stesso anche nella vita, anche se è difficile”.
In conferenza stampa Phoenix si accende una sigaretta, ammette di “sudare molto” e sottopone le proprie risposte al parere di Rooney Mara, non solo, scherza anche con i giornalisti: “Questa è mia zia”, apostrofa chi fa i complimenti al film, viceversa, “Noi non siamo parenti”, a chi raffredda gli entusiasmi. A concludere, dopo un siparietto con abbraccio a Phoenix, è Jonze sulla tecnologia: “Anche la scrittura su carta, anche la penna è tecnologia: le nuove forme per esprimerci e interagire con gli altri vanno bene, ogni mezzo è autorizzato”.