"Alexander di Oliver Stone mi ha rovinato: non è stato accolto bene, e mi ha avvolto in una nube di paura. Ci sono voluti due anni per venirne fuori". Confessione firmata Colin Farrell, al Festival di Roma con Pride and Glory di Gavin O' Connor, poliziesco formato famiglia (in uscita con Eagle Pictures il 31 ottobre in 270 copie) che lo vede poliziotto corrotto e traditore al fianco di Edward Norton e Jon Voight.
"Per mesi - continua l'attore - ho letto le critiche negative di Alexander, le ho lette tutte, a tal punto che ne avrei potuto scrivere una pessima pure io. Forse già prima del film di Stone avevo perso l'innocenza e la purezza che mi avevano accompagnato dagli esordi: non avevo più quella magia, sostituita dal dubbio e la paura".
Esperienza che lo ha segnato profondamente, oggi Colin Farrell è un uomo nuovo: "Ero caduto nella trappola più pericolosa del nostro mestiere: identificarmi totalmente con il mio lavoro, ritrovandomi senza alcuna vita privata. Non mi lamento, ma la lezione di Alexander mi ha spinto a trovare spazi miei: se sto lontano dal set per 4 mesi, oggi so che non muore nessuno".
L'attore, che vive "fisicamente a Los Angeles, ma romanticamente non ho mai lasciato Dublino" ed ha appena terminato il fantasy di Neil Jordan Ondine, parla anche di razzismo, in riferimento al progetto di attentato ad Obama:"Credo che gli Usa oggi siano molto meno razzisti di cinque anni fa, ma è anche vero che nel mondo c'è un profondo razzismo. Anche l'Irlanda si diceva non fosse razzista, ma con l'arrivo dei primi extracomunitari le cose sono drammaticamente cambiate".
Da ultimo, Farrell, già detective in Miami Vice, agente CIA ne La regola del sospetto, sbirro sui generis in Minority Report, e oggi piedipiatti del NYPD in Pride and Glory, dichiara: "Basta con i poliziotti, mi hanno stufato E' ora di appendere il cinturone al chiodo".