“Non risponderei alla sua domanda: chiamerei la mia famiglia e cercherei di farmi una risata. E magari un bel piatto di pasta”. Così Jake Gyllenhaal impiegherebbe il suo ultimo minuto, mentre lo schermo ce lo riconsegna decisamente più romantico: in quei 60'' bacia Michelle Monaghan, sua partner in Source Code di Duncan Jones, che il  29 aprile arriverà nelle nostre sale in 300 copie con 01, dopo i 15 milioni realizzati al debutto negli Usa lo scorso weekend.
Nel cast anche Vera Farmiga, in regia, appunto, il figlio di David Bowie, all'opera seconda dopo il gioiellino sci-fi Moon, Source Code vede Gyllenhaal nell'uniforme dell'elicotterista Colter Stevens, già impiegato in Afghanistan ma misteriosamente a bordo di un treno diretto a Chicago che sta per esplodere: seduta di fronte a lui c'è Christina (Monaghan), ma non sa chi sia, come pure l'immagine che gli riconsegna lo specchio, mentre un militare (Farmiga) da un monitor gli ordina di scoprire in 8 minuti dove sia la bomba e chi sia l'attentatore. Il trucco, anzi il programma top-secret, sta nel titolo, Source Code, ma Jones sottolinea, piuttosto, il cotè umano: “Mi piace la sci-fi e mi piace concentrarmi sui personaggi, ovvero su come gli individui vengono influenzati dal mondo, al di là dell'aspetto tecnologico”.
“Di “ruolo non difficile, a parte la love-story con Michelle”, parla Gyllenhaal, sottolineando come sia stato “molto divertente recitare nella capsula (dove è recluso il suo Capitano Stevens, NdR) davanti a un green screen, udendo a malapena Vera Farmiga: ho dato libero sfogo alla mia immaginazione, chiedendomi che ne avrebbe pensato il pubblico”.
Appunto, che ne penserà? “Grazie allo sceneggiatore Ben Ripley, il film mixa vecchia e nuova fantascienza, ma non solo: è anche azione, mistery, thriller, commedia e storia d'amore, mi sono ritrovato a fare il giocoliere con queste sei palle”, dice il regista, che cita Ballard e Dick tra gli scrittori di riferimento e Quantum Leap per i serial.
Viceversa, Gyllenhaal predilige Orwell “per il lato psicologico”, sceglie i film “per istinto”, confessa tutta la sua ammirazione per Jones (“Dopo solo 10 minuti di Moon, ho voluto essere diretto da lui”, e il regista ricambia: “Ho un progetto di lungo corso, lavoreremo ancora insieme”) e ironizza sul suo ennesimo viaggio temporale dieci anni dopo Donnie Darko: “Quel coniglio ancora mi perseguita: insieme a Source Code in America è uscito Hop (protagonista un coniglietto, NdR)”.
Ma ritorna subito serio, serissimo perché “che cosa farei se potessi vivere questi otto minuti è una domanda assurda rispetto a quel che succede oggi nel mondo: mi piacerebbe esistesse davvero un programma informatico come Source Code, e non lo dico per ragioni promozionali, ma perché si potrebbe tornare sugli aerei e sui grattacieli dell'11 settembre, a Fukushima e nei corpi dei politici, per fermare queste tragedie. E' doloroso ricordarle, la violenza quasi mai è necessaria”.