Albert Serra, regista catalano di trentuno anni autore di Honor de cavalleria, si è aggiudicato il Premio Lancia come miglior film alla 24ª edizione del Torino Film Festival. La giuria, composta da Lisandro Alonso (Argentina), Ines de Medeiros (Portogallo), David Gordon Green (USA), Luca Guadagnino (Italia) e Ron Mann (Canada), ha definito la pellicola "una commovente, elegante, coraggiosa presa di posizione filmica, un esordio di cinema. abbagliante". Al film catalano è andato anche il Il Premio speciale della giuria ex aequo con The Guatemalan Handshake di Todd Rohal, che si è aggiudicato anche il riconoscimento per la migliore regia. Migliore documentario italiano nel concorso DOC 2006 Eliorama, di Maicol Casale e Alberto Momo, "per il rigore formale attraverso cui estende l'argomento specifico ad un'idea di architettura dello sguardo". Il Premio Cipputi per il miglior film sul mondo del lavoro è stato invece assegnato a "Il lato grottesco della vita", di Federica Di Giacomo. Le articolate motivazioni sono già di per sé sufficienti a fornire l'idea ci cinema che sta alla base del festival che, come ha ribadito il Presidente Gianni Rondolino alla cerimonia di premiazione, "è un festival per chi capisce di cinema, rinforzato in questo dalla Festa di Roma" (che quindi è per chi di cinema non capisce). Tornando al vincitore del Concorso Internazionale Lungometraggi, il simpatico Albert Serra, dobbiamo dire che ha destato in noi qualche perplessità. Il regista ha affermato: "Pur essendo un film sulla cavalleria, non ci sono imprese onorevoli né cavalli: come nel romanzo di Cervantes, tutto è nella mente di Don Chisciotte, le prove si susseguono nella sua immaginazione... lo sviluppo degli eventi avviene attraverso un montaggio più astratto che narrativo". Molto astratto, forse troppo. Honor de cavalleria è uno di quei film di cui di solito si dice: "bisogna entrarci dentro". Vero, ma a volte deve essere anche il film a favorire questo ingresso. La lentezza esasperante, i dialoghi quasi assenti al punto che i sottotitoli li avrebbero potuti scrivere a mano, si possono anche accettare perché accompagnati da una latente ironia, ma troppo forte si avverte la sensazione che il regista si compiaccia un po' troppo del suo stile rendendolo fine a sé stesso. Comunque, prima di esprimere un giudizio definitivo sul film, correttezza vuole che sappiate quanto segue. Il caso ha voluto che dopo la premiazione, a causa di un disguido nelle prenotazioni, chi scrive si sia ritrovato allo stesso tavolo del regista. Questi, con assoluto candore, ci ha chiesto se davvero avesse vinto il premio in denaro di 20.500 euro. Alla nostra conferma ha esclamato: "Credevo fossero al massimo 2, 3000, euro! Pago tutto io!". E così ha fatto, ha offerto il pranzo al sottoscritto e a tutti i colleghi in nostra compagnia. Ora, ditemi voi, come si può parlare male di un simile simpaticone? Come? L'abbiamo già fatto? No, non è vero, abbiamo solo detto che il film ci ha lasciati così, un po' perplessi. E poi tutto sommato, come dice Don Chisciotte (quello del libro, non quello del film): "Ognuno se la veda col suo peccato".