L'incontro all'ultima critica tra Paolo Mereghetti e Bruno Fornara è un appuntamento fisso della manifestazione “Cannes e Dintorni” (dal 12 al 19 giugno) che offre percorsi di lettura nel programma dei film riproposti in lingua originale al pubblico milanese dal palato fino, l'habitué che frequenta tutto l'anno le proiezioni di pellicole provenienti dai festival di Locarno e Venezia passando per Torino.
Quest'edizione di “Cannes a Milano” è sopravvissuta alla contrazione dei finanziamenti, come la gemella romana, e ha avuto ancora una volta il sostegno di Agis, Anec, Corriere della Sera e Assessorato alla cultura della Provincia. Sarebbe stato un peccato non riuscire a realizzarla perché, dice Mereghetti, “il livello della selezione era altissimo e anche quello dell'interpretazione, davvero grandi attori, tranne la povera Kristin Scott Thomas vestita da Donatella Versace”, infierisce e punzecchia il collega sul film di Nicolas Winding Refn che, invece, Bruno Fornara difende strenuamente. E cominciano lo show come una coppia rodata di conduttori passando in rassegna ogni film, come se fossero ad una cena con amici che chiedono un consiglio cosa vedere in programma, e dissentendo solo sulla pronuncia di nomi di registi e titoli cinesi.
Sul film vincitore, già sold out, Mereghetti dà subito la chiave di lettura: “La vie d'Adele di Kechiche ha vinto la Palma perché Ang Lee aveva rubato il Leone d'oro a Cous cous ai tempi di Lussuria, e ora che era in giuria ha voluto risarcire il collega”. Anche Bruno Fornara spiega perché: “La colonna portante è la scena di passione tra le due ragazze, qualcosa di potente mai vista al cinema. Non è pornografica e uno resta incantato”. L'altro film della prima serata è Il caso Kerenes di Călin Peter Netzer, rumeno premiato a Berlino, “che racconta, attraverso la vicenda giudiziaria che coinvolge una famiglia matriarcale borghese, la Romania oggi, la furbizia e la corruzione di un paese che sta facendo un salto nella modernità con una velocità che le sue forze non supportano”. C'è grande attesa per Un château en Italie, la terza prova di Valeria Bruni Tedeschi che, come spiega Fornara, “racconta sempre se stessa ma in modo sempre attraente”. Mereghetti controbatte preciso: “Racconta sempre di famiglie ricche e viziate, che potrebbe non fregare nulla a nessuno, ma le racconta in modo sghembo, ti fa tenerezza e si ride molto”.
La Palma alla sceneggiatura per il critico del Dizionario la meritava Le passé del regista di Una separazione: “Asghar Farhadi procede lungo un filo mettendo in gioco elementi nuovi in modo progressivo e riscoprendo intrecci inaspettati con una straordinaria capacità di raccontare. Bérénice Bejo è grandiosa e intensa”. Il favorito di Fornara è A Touch of Sin di Jia Zhangke, regista “che ama la Cina non metropolitana. Dopo aver fatto film “estatici”, da critici, in cui parlano ogni 20 minuti, i produttori cinesi, e quelli giapponesi di Kitano, si sono stufati e gli hanno chiesto di fare un cinema che apprezzassero tutti e lui ci ha messo dentro sangue e azione. I primi tre minuti sono entusiasmanti”.
Dall'oriente anche Like Father, Like Son di Hirokazu Kore-eda, “sulla paternità e lo scontro tra due idee di dovere. Mette in discussione un'idea di Giappone in cui sono ancora presenti una serie di imperativi categorici che finiscono per schiacciare le persone impedendogli di esprimere la propria umanità”. Tra i film in rassegna anche The Immigrant di James Gray con Marion Cotillard e Joaquin Phoenix, Babylon di Ismael Chebbi, A Story of Yonosuke di Shuichi Okita, El verano del los peces volatore di Marcela Said, Shifting the Blame di Lars-Gunnar Lotz, The Selfish Giant di Clio Barnard, La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez, Jeune & Jolie di François Ozon, The Congress di Ari Folman ed Henri di Yolande Moreau con Pippo Delbono, The Lunchbox di Ritesh Batra e Nebraska di Alexander Payne, “con un cast di vecchi attori esilaranti”.
Evento speciale di questa edizione è l'incontro con i registi di Salvo, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza (mercoledì 19, Anteo SpazioCinema, ore 18.00). “Salvo è il film rivelazione – dice entusiasta Fornara - I registi sono miei ex alunni alla Scuola Holden, hanno cominciato a pensare al film 5 anni fa, due ragazzotti che per cinque anni hanno sputato sangue e che adesso hanno venduto il film in piu di venti paesi. E' un film che ha fatto il botto, su Liberation c'erano due pagine il giorno successivo alla proiezione. Lo definirei una “sinfonia in tre parti per armi automatiche”. Mereghetti riassume: “Inizia come un noir – conclude Mereghetti - prosegue come un poliziottesco e finisce come un melodramma. Eccezionale”.