“Il periodo prima del nazismo, gli Anni Venti, che sullo schermo sono un po’ spariti, proprio perché dal ‘33 al ‘45 s’è avuto il dominio nazista. Difficile immaginarsi un Paese prima degli anni più bui della sua storia, ebbene, c’era vitalità culturale, movimenti di emancipazione e speranza nel futuro: si sperimentava la democrazia sotto l’occhio vigile del mondo, e tutti si chiedevano se sarebbe stato possibile”.

Parola di Tom Tykwer, showrunner della serie Babylon Berlin, coproduzione internazionale Sky e Beta Film in arrivo in tv su Sky Atlantic HD dal 28 novembre. La serie, 38 milioni di dollari di budget per i primi 16 episodi, la terza stagione già in cantiere, è frutto del lavoro del trio di autori/registi Tom Tykwer, appena nominato prossimo presidente della Berlinale, Henk Handloegten e Achim von Borries.

Nel cast, Volker Bruch nel ruolo di Gereon Rath e Liv Lisa Fries che interpreta Charlotte, è tratta dai romanzi bestseller di Volker Kutscher e segue le vicende di un ispettore di polizia, Rath, che si trova a condurre le sue indagini nella Berlino degli anni Venti, in un paese dei balocchi nonché la città più entusiasmante del mondo, fra abuso di droga, intrighi politici, omicidi e arte, emancipazione ed estremismo.

Alla Festa del Cinema con i primi due episodi, “è di fatto un film di sedici ore, ambientato in un periodo di forti contraddizioni: c’erano energie, speranza e fiducia utopistica in una società più aperta e impegnata, ma era come ballare sul vulcano. Si festeggiavano le potenzialità del paese, ignorando le forze che minavano alla radice un sistema fragile, e cercavano di riprendere il controllo del potere”, dice Tykwer.

E illumina “i parallelismi tra ieri e oggi evidenti, anche sconcertanti: Trump presidente, Brexit, un partito di estrema destra terzo in Germania, chi l’avrebbe immaginato solo cinque anni fa?”. L’analogia, appunto, è tra il 1929, anno in cui apre la serie, e il 1933, in cui Hitler sarebbe divenuto Cancelliere del Reich, ma allora – precisa Tykwer – “ il nazismo non era presente, è questo l’aspetto affascinante: era ancora marginale, c’era solo in qualche locale un infervorato che urlava. Ma capisco, in realtà il fascino per nazismo non è mai finito, tutti noi abbiamo una storia familiare collegata, passerà ancora molto tempo perché il fenomeno divenga meno prominente”.

Protagonista, “non solo nel nome, è Berlino: non solo interni in cabaret e locali, ma il risultato di un viaggio nella macchina del tempo. Oggi Berlino – conclude Tykwer – è un totale disastro, un’accozzaglia di stili, periodi, bello e brutto, noi abbiamo creato un set a Bablesberg: quattro strade con cortili che li collegano, green screen per estendere la prospettiva. Ma abbiamo girato anche in location, perfino ad Alexanderplatz, chiudendola tutta una domenica e riempiendola di comparse in costume”.