A sei mesi dal passaggio al Festival di Cannes, il 10 novembre arriva nelle sale- 130 per la precisione- L'amico di famiglia. Targato Fandango e Indigo film e coprodotto e distribuito da Medusa, il terzo film di Paolo Sorrentino convince, anche grazie al nuovo finale, più asciutto e "chiuso". Inevitabile chiedergli il motivo di questo cambiamento. "C'era tempo a disposizione- esordisce con il suo solito fare disincantato- e la consapevolezza che il montaggio per arrivare a Cannes era stato, se non frettoloso, veloce. Rivedendo il film l'ho trovato a tratti lungo e faticoso. Dello stesso parere erano i produttori e altri che lo avevano visto. Così ho tolto sei minuti, soprattutto nel finale. C'erano delle code, troppe. Un vizio che ho e non sempre mi va bene". La storia del film è quella di Geremia De Geremei, detto Cuoredoro. Un piccolo usuraio, meschino nel senso più ampio del termine, interpretato da uno straordinario Giacomo Rizzo. Sorrentino ce ne presenta il volto più umano e quotidiano, rendendo accettabile un personaggio ignobile. Accanto a lui l'amico aspirante cowboy Gino (Fabrizio Bentivoglio), tanti comprimari di razza e Rosalba, una splendida Laura Chiatti, donna dei sogni (e degli incubi) dell'usuraio. "Per me è impossibile scrivere- continua il regista- senza avere già in testa il protagonista. E con Giacomo volevo lavorare da tempo. Mi serviva un caratterista che potesse diventare un protagonista, un comico che sapesse andare anche oltre i toni della commedia, comunque molto presenti nel mio film. Una commedia sui generis, non demenziale o sofisticata come molte di quelle che si vedono". Si può ravvedere, in questo lavoro, la conclusione di una trilogia della solitudine, dopo L'uomo in più e Le conseguenze dell'amore. "E' un tema troppo ampio per essere esaurito. Credo che non finirà mai, sempre che mi facciano ancora fare dei film. Il tutto viene dai personaggi che scelgo, sempre messi in discussione dalla società". Colpisce di Sorrentino il fascino che subisce dalle ombre della vita. "Personaggi come questi ci riflettono, tutti abbiamo dentro lati positivi e negativi. Ed è più facile farsi prendere dai secondi, tanto è vero che ci sono tanti usurai e solo una Madre Teresa di Calcutta. Naturalmente, poi, il cinema richiede estremizzazioni ed eccessi. Ma non ho raccontato niente di più di quello che si può vedere quando esci la domenica pomeriggio". Fortissima la presenza dei soldi, tema che insieme a Laura Chiatti rappresenta un legame forte con A casa nostra di Francesca Comencini. "A dire la verità i soldi sono solo un mezzo, banale. E' il potere che ne deriva, e i rapporti che instaura, ad interessarmi. In realtà grandi come quella mafiosa o più piccole come quelle dell'usura". Un ultimo accenno agli ambienti dell'agro pontino, tra Latina e Sabaudia, dall'architettura (fascista) molto imponente. "E' un ambiente che conosco bene, in cui volevo girare dalle prime fotografie che vi ho fatto. Sembra fatto per essere inquadrato. L'immagine caotica, ormai, è appannaggio della tv, per questo c'è la necessità di cercare luoghi forti, solo cinematografici".