"La condizione degli esseri umani non è sempre drammatica: nei film che realizzo c'è il riflesso della mia generazione, mi piace mettere i personaggi in situazioni sia drammatiche che di commedia. In fondo, le opere letterarie, teatrali o cinematografiche, da sempre si concentrano su persone comuni di fronte a situazioni difficili". All'indomani delle cinque candidature all'Oscar ottenute con il suo nuovo lavoro, Alexander Payne (già premiato dall'Academy nel 2005 per la sceneggiatura non originale di Sideways) presenta alla stampa italiana Paradiso amaro (The Descendants), nelle nostre sale dal 17 febbraio distribuito da Fox in circa 250 copie.
"Non ti aspetti mai di avere tante nomination agli Oscar, diciamo che puoi averne il sospetto, soprattutto dopo aver ottenuto qualche Golden Globe", dice il regista, che tra i tanti film in lizza per la statuetta, "sceglie" Una separazione dell'iraniano Asghar Farhadi: "E' il titolo dell'anno che ho amato di più, è un peccato non possa gareggiare anche per la categoria dei migliori film ma solo tra quelli in lingua straniera". Candidato a miglior film, regia, sceneggiatura non originale, montaggio e attore protagonista (George Clooney), Paradiso amaro - basato sul romanzo di Kaui Hart Hemmings - racconta la storia di Matt King, uomo di mezza età che dovrà reimpostare la propria esistenza di padre dopo che la moglie è finita in coma irreversibile in seguito ad un incidente: "E' una storia che poteva essere raccontata ovunque, ma che diventa unica perché è ambientata alle Hawaii, in un ambiente particolare, fortemente radicata nel luogo in cui si svolge", spiega Payne. Nato, cresciuto e tuttora residente ad Honolulu, Matt King è il discendente di una stirpe formata dai reali hawaiani e dai missionari: "Oltre al piacere di poter vivere 8 mesi in quei luoghi, l'aspetto principale che mi ha spinto a girare il film è stato quello di potersi confrontare con un tessuto socio-culturale unico - dice ancora il regista -, unicità che deriva dalla consapevolezza che ogni hawaiano ha della propria provenienza, della propria discendenza. Discorso che vale non solo per l'alta aristocrazia bianca, alla quale appartiene il protagonista di questo film, ma anche per i nativi. Le Hawaii sono un piccolo stato, molto remoto, nel mezzo del Pacifico, provinciale e al tempo stesso cosmopolita, grazie all'elevato flusso di turisti che si recano lì ogni anno".
Taglia invece corto, Alexander Payne, sulle eventuali polemiche che potrebbe suscitare il suo film in Italia, a proposito degli sviluppi del personaggio della moglie del protagonista: "So solamente che negli Stati Uniti la questione del testamento biologico è stata accettata e anche io la trovo una cosa normalissima. Non comprendo in quali termini la cosa possa creare discussioni in Italia, ma almeno una volta al mese mi capita di sentire gente che mi dice 'Se dovesse capitarmi una cosa del genere, sparami'.".
Americano di origine greca, il regista ricorda infine il maestro Angelopoulos, scomparso proprio ieri in seguito ad un tragico incidente al Pireo: "Senza sminuire in alcun modo questa tragedia, mi piace ripensare ad una frase che disse tempo fa Akira Kurosawa, 'spero di morire mentre giro un film', cosa che in effetti è accaduta ad Angelopoulos. Del quale non dimenticherò mai l'affetto mostrato qualche anno fa nei miei confronti al Festival di Salonicco, quando dopo aver visto Sideways mi disse di continuare così per far sì che un giorno, negli USA, avrebbero accostato il mio nome ad altri grandi greci-americani come Elia Kazan e John Cassavetes".