(Cinematografo.it/Adnkronos) - "Questo è un film sul cinema, un atto di fede ironico e paradossale sulle sue capacità di investigare la realtà e di trascenderla".

Roberto Andò parla così di Una storia senza nome, il film che presenta oggi fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, interpretato da Micaela Ramazzotti,  Renato Carpentieri, Laura Morante, Alessandro Gassmann e Jerzy Skolimowski.

Un film che parla di cinema ma anche di politica, in senso lato. "Si è sempre sostenuto che l’immaginazione, anche la più potente e visionaria, paghi il prezzo di una impotenza a priori: l’impossibilità di provocare effetti reali. Il mio film, in modo giocoso, e mi auguro divertente, mostra il contrario", dice il regista.

 

La protagonista Valeria (Micaela Ramazzotti), è una giovane segretaria di un produttore cinematografico (Carpentieri), vive appartata, sullo stesso pianerottolo della madre, e scrive in incognito per uno sceneggiatore di successo, Alessandro Pes (Gassman). Un giorno la donna viene avvicinata da un misterioso poliziotto in pensione che le vuole raccontare una storia criminale. Valeria è guardinga ma lo ascolta affascinata. Quando torna a casa usa quello che ha udito per scrivere un soggetto: sarà la prossima sceneggiatura di Alessandro Pes, di cui i produttori attendono da tempo la consegna.

Micaela Ramazzotti

Il soggetto piace molto, al punto che a finanziare il film entrano anche dei gruppi stranieri e per dirigerlo viene ingaggiato un regista americano un po’ anziano ma di culto. Tuttavia quel soggetto si rivela pericoloso: la 'Storia senza nome' racconta, infatti, il misterioso furto di un celebre quadro di Caravaggio, La Natività, avvenuto nel 1969 a Palermo per mano della mafia. Questo scatenerà delle conseguenze, per cui Valeria si troverà ad assumere un ruolo per lei insolito.

"Con Angelo Pasquini e Giacomo Bendotti (i cosceneggiatori del film, ndr) abbiamo scelto una vicenda leggendaria degli annali criminali italiani, il furto della Natività di Caravaggio, avvenuto a Palermo nel 1969. La nostra storia civile è disseminata di crimini impuniti, frammenti lacunosi a cui solo un atto fantastico potrebbe restituire un senso compiuto. Questo film è, appunto, un atto fantastico", conclude il regista.