Appena uscito di prigione, un padre torna a casa, dal figlio. Desideroso di riconciliarsi con il ragazzo, l'uomo cerca di trasmettergli i suoi valori e acquista un terreno per piantarvi una vigna. Ma il figlio, che gli rimprovera la sua lunga assenza, rifiuta nettamente la figura paterna. La tensione tra i due cresce quando il padre inizia una relazione con la sorella della ex moglie. Quando ha dovuto scegliere il soggetto per il film di diploma, il giovane regista ungherese Viktor Oszkar Nagy ha puntato tutto su un'idea che inseguiva già da un po' di tempo. Ora, presentata come opera in concorso al Bergamo Film Meeting, Apafold (La terra del padre) descrive uno sfibrato rapporto padre-figlio con, sullo sfondo, la neonata e problematica era post-comunista. Film molto povero di dialoghi, è invece attraverso i suoni e le immagini che si riesce a percepire più intensamente la storia, a tratti vibrante con le sue tensioni e i suoi attriti. Un racconto di tentata redenzione, di possibile riscatto nonostante le vite in gioco oscillino tra l'apatica (e apparente) noncuranza del ragazzo e la rude introversione di un padre sul cui volto si può leggere un'intera, difficile vita. Personaggi spaesati dietro maschere di fragile dignità, sentimenti quasi svuotati di senso, malinconie che sembrano non avere vie d'uscita. Uno sguardo non facile ma che merita sicuramente attenzione.