Che cosa hanno in comune Boardwalk Empire e I Soprano? Sono due serie televisive di “mafia” (la seconda di lungo corso e di grande successo) e l'ideatore: Terence Winter. La differenza è che la prima, presentato in anteprima al festival di Roma, è prodotta (insieme allo stesso Winter e all'attore Mark Wahlberg) da Martin Scorsese, che dirige anche il pilot. Le serie americane sono da tempo un fenomeno che attira, anzi induce all'assuefazione, sempre più pubblico e appassionati, perché sono prodotti per la televisione, ma altamente sofisticati e declinati in ogni genere possibile: ospedaliero, citiamo solo due tra le tante: Grey's Anatomy e Dottor House; poliziesco, thriller: The Shield, Csi, Dexter. Soprannaturale (e qui c'è da sbizzarrirsi) Medium e affini. Fantascienza: Heroes e Fringe; legal drama: Law & Order, The Good Wife. Altre rileggono il presente attraverso il passato (Mad Men), hanno strutture narrative sorprendenti (Damages). Insomma la tv in America non è solo un business ma fa spettacolo sul piccolo schermo. In questo senso Boardwalk Empire è un'operazione interessante. Non particolarmente innovativa dal punto di vista dei contenuti ed è possibile, in più di un'occasione, ravvisare la stessa mano dei Soprano. Gli attori, come sempre, sono molto bravi: Steve Buscemi, Michael Pitt, tutti i comprimari. Siamo ad Atlantic City durante il proibizionismo, la storia è ispirata al romanzo Boardwalk Empire: The Birth, High Times, and Corruption of Atlantic City di Nelson Johnson. Enoch "Nucky" Thompson (Buscemi), boss mafioso e politico corrotto, mette a punto un piano per rendere ricco lui e i suoi soci, vendendo l'alcool diventato illegale e demonizzato da fanatici (che sono un po' dappertutto). Nel frattempo, Jimmy Darmony (Michael Pitt), suo ex protégé, torna a casa dopo aver combattuto nella prima guerra mondiale (come volontario contro i “crucchi”) e inizia a frequentare un poco più che ventenne Al Capone.
Molti i rimandi all'attualità (corruzione, lobbismo e guerra in Iraq), ma lo scarto è nella visione cinematografica della serie. Alla fine si rimane con una domanda in testa: è il mezzo, quindi la televisione, sussidiario o è il cinema, inteso come luogo, destinato a scomparire?