“Negli ultimi anni tanti di noi hanno perso tanto: questa opera parla di collegamenti tra esseri umani, di entrare nelle teste degli altri, di questo ha bisogno il mondo”.

Diretto da Darren Aronofsky, The Whale è la storia di un solitario insegnante di inglese, Charlie, che soffre di obesità grave e cerca di riavvicinarsi alla figlia adolescente, per un’ultima possibilità di redenzione. Protagonista Brendan Fraser, basato sull’acclamata opera teatrale di Samuel D. Hunter, è in Concorso a Venezia 79.

Ci sono voluti dieci anni per realizzare il film: “Il casting di Charlie è stato molto sfidante, ho provinato ogni attore ma nessuno mi dava l’idea di essere quello giusto, finché non ho visto il trailer di un film low budget brasiliano con Brendan ed ecco l’illuminazione. Ho avuto i brividi vedendolo interagire con Sadie Sink nelle prove a teatro, e nel 2020 in piena pandemia lo abbiamo fatto, un piccolo film gentile con cinque attori”.

Del resto, Aronofsky non si fa spaventare dalle difficoltà: “Ho cominciato a fare cinema con 20mila dollari e un sogno, dunque i nostri limiti sono la nostra via per la libertà. Qui la sfida è stata di rendere cinematico un personaggio che non si muove, e al riguardo ho discusso molto con il mio sodale direttore della fotografia, Matthew Libatique”.

Darren Aronofsky - Foto Karen Di Paola

Venendo al tema di The Whale, il regista osserva: “La battuta ‘le persone non sono capaci di non amare’ mi piace molto, è il messaggio più importante oggi al mondo, in un momento in cui tutti abbracciano cinismo e lato oscuro”.

Sulla genesi della pièce, Hunter: “Charlie è una persona che cerca verità, e l’ostacolo alla verità è il passato che non è in grado di affrontare. Ho sofferto di depressione, mi sfogavo col cibo, ero un ragazzo gay in una piccola cittadina, e le cose non sono state semplici per me. Un storia personale, dove Charlie è un faro in un oceano scuro: ha fiducia negli altri, che è quella che ha salvato me stesso”.

Il protagonista Fraser evidenzia come “la mobilità Charlie si limiti al sofà, il suo trauma si manifesta a livello fisico. Ho dovuto imparare a muovermi in modo nuovo, usando muscoli nuovi, e avevo le vertigini: bisogna essere particolarmente forti fisicamente e mentalmente per abitare quello spazio fisico”. Detto che “la mia palla di vetro è rotta, non so che succederà nella mia carriera, ma ho avuto la grande opportunità di entrare nel corpo di un’altra persona e raccontare la sua storia”, l’attore conclude: “Charlie è eroico, ha il superpotere di vedere il bene negli altri, e riesce a farlo riemergere in lui, ed è il processo in cui si salva”.