“La mia vocazione è quella di spogliarmi, di mettermi a nudo” dice Marcello Fonte riferendosi a una sua vecchia fiamma che ha deciso di “vestirsi” diventando suora; e a nudo l’attore Palma a Cannes per Dogman di Matteo Garrone ci si mette anche in Sembravano applausi, il documentario (presentato al Torino Film Festival) che gli ha dedicato Maria Tilli seguendolo durante la lavorazione di quel fortunato film e poi dopo, quando è tornato alle baracche dell’infanzia calabrese per andare a trovare la madre.

 

“È la mia più grande paura - dice Fonte - quella di lasciare la mia famiglia in difficoltà, magari con mia madre che sta male, magari potrebbe morire mentre io sono in giro a seguire egoisticamente i miei sogni” sono le parole di un uomo che non è cambiato di un centimetro dalla fama e che vive le sue radici come un dono da preservare. È ciò che Tilli ha tenuto più di tutto a raccontare di Fonte, assieme all’etica del lavoro: “I rimproveri fanno parte del lavoro, la questione personale è una cosa molto differente, per questo tra amici si lavora male. Mi fido di Matteo che stimo moltissimo, anche lui può sbagliare ma mi fido. Ma pure io non è vero che non sbaglierò più perché ho la palma, anzi sbaglierò tantissimo, è pieno di palme d’oro in giro per il mondo. Matteo è un artigiano che sa riconoscere il proprio lavoro e quello degli altri, Maria ha la sensibilità giusta per raccontare quel lavoro, una sensibilità affine a quella di Matteo, la distanza giusta per raccontare le cose”.

 

Il lavoro della regista è cominciato due o tre mesi prima dell’inizio delle riprese è poi è diventato un film solo su Fonte, seguendolo in quel microcosmo incredibile che è Castel Volturno (sede di gran parte delle riprese di Dogman): “Marcello - dice Tilli - è uno specchio, un libro aperto, esattamente come lo vedete, ma seguirlo non è stato facile, anzi è stato abbastanza impegnativo. Quando conoscete la mamma e la famiglia capite com’è Marcello e dopo un anno con lui sul set avevo bisogno di conoscerla perché anche io vengo da una famiglia che non è esattamente alto-borghese. Mi piacciono le storie di famiglia”. E la famiglia è appunto un baluardo per l’attore: “Ho cercato di far cambiare vita a mia madre, a tirarla fuori dalle lamiere, ma mia madre gelosa della sua vita, del suo mondo, è come fosse il suo teatro e galline e conigli il suo pubblico. Con me parla male del successo e della mia carriera, ma so che con gli altri è contenta e orgogliosa”.

E ne ha ben donde: oltre a uno spettacolo teatrale (intitolato non a caso, Famiglia) in scena al teatro India di Roma dal 16 al 20 gennaio, Fonte sta girando i nuovi film di Francesca Archibugi, in cui interpreta un perito pignolo e pettegolo che scopre di amare il suo corpo sentendosi donna, e Mimmo Calopresti, dove sarà un poeta creduto da tutti lo scemo di un villaggio dell’Aspromonte. Luoghi in cui si sente più protetto, a differenza di Hollywood in cui “troppe bandiere, ogni casa deve ricordarti che sei americano, senza carta di credito non sei nessuno e ti chiedono subito quanto guadagni. Il lusso è ovunque, ma la mia Ferrari ce l’ho dentro”. Umiltà e determinazione possono convivere, anzi dovrebbero come dimostra Fonte, perché come dice lui “ascoltare è importantissimo però non è che tutti sono degni di essere ascoltati”.