"Siamo eccitati, orgogliosi e fiduciosi". Queste le parole a caldo di Paolo Virzì, raggiunto telefonicamente dopo la candidatura di La prima cosa bella come rappresentante italiano per la corsa verso la cinquina del miglior film straniero ai prossimi premi Oscar. "Tra le altre cose avevamo già i bagagli pronti per gli Stati Uniti, dove ci aspettano per gli screenings dei Golden Globe e perché abbiamo in programma una serie di appuntamenti con vari compratori per la distribuzione americana del film", racconta il regista livornese, che allontana in un colpo solo l'idea dell'attuale candidatura come sorta di "risarcimento" dopo i pochi premi ottenuti ai David di Donatello: "Ai David non fu assolutamente una delusione - dice ancora Virzì - in primo luogo perché sono stati premiati gli attori protagonisti e la sceneggiatura, poi perché la stagione cinematografica italiana è stata davvero molto viva, con altri bellissimi film: non considero un'onta il fatto che Vincere di Bellocchio si sia aggiudicato la regia e altri importanti premi o che l'altrettanto bello L'uomo che verrà di Diritti sia stato premiato come miglior film".
E proprio quest'ultimo, insieme al film di Luca Guadagnino Io sono l'amore, era indicato alla vigilia tra i favoriti che l'Italia avrebbe candidato agli Oscar: "Alla fine probabilmente il comitato di selezione ha deciso di puntare su La prima cosa bella per la sua impronta italian style - ipotizza il regista - provando ad interpretare il punto di vista dello spettatore americano, soprattutto immaginando il profilo del giurato dell'Academy, in prevalenza donne, quindi mogli o mamme che si vogliono emozionare per una giusta causa e che, magari, di fronte ad un film italiano si predispongono al sorriso". Magari per provare a bissare l'ultimo successo italiano agli Oscar, che risale ormai al 1999 con La vita è bella di Roberto Benigni: "Anche il nostro è un film universale - prosegue Virzì - molto italiano per quello che riguarda l'autenticità del contesto, che ritrae una Toscana non stereotipata o turistica, ma combattiva, generosa e a tratti anche crudele. Proprio come i sentimenti che cerchiamo di far comunicare alla storia, la serenità e il dolore, con un'energia che speriamo possa essere contagiosa: confidiamo di entrare nella cinquina, ma già da oggi l'obiettivo è quello di andare lì e vincere la statuetta". Una questione di fiducia, insomma, la stessa che in queste ore il Governo sta chiedendo al Parlamento: "E' una coincidenza curiosa - conclude ridendo il regista - ma da quello che mi è sembrato di vedere non mi sembrano abbiano lo stesso spirito ed entusiasmo che abbiamo noi in questo momento".