“L’idea di Semina il vento parte da una riflessione: nel 2013 si è tenuto a Taranto un referendum sull’Ilva, nel quale si è recata alla urne solo una piccolissima parte degli aventi diritto. Una grande delusione. Quello che si vuole fare è provare ad indagare le circostanze dello stato delle cose, se l’inquinamento sia l’unico problema della vicenda o non sia anche una questione di mentalità. L’importante è sollevare un dibattito utile per parlare di cose che stanno a cuore, ma senza appiattirsi sulla denuncia”, spiega il regista Danilo Caputo a margine della presentazione del suo film nella sezione Panorama della Berlinale.

Semina il vento è un dolente canto ecologico, uno scontro generazionale più che mai attuale. Caputo, che usa anche il sonoro come strumento di narrazione, riesce a costruire un racconto  evocativo e struggente. Nica (la brava Yile Yara Vianello, giovane protagonista di Corpo Celeste di Alice Rorhwacher) denuncia il disastro ecologico e vuole salvare gli uliveti di famiglia. Il padre in difficoltà economiche è invece pronto a compromessi.

“La città dagli anni ’60 vive ormai questa condizione radicale rispetto alla fabbrica, di totale accettazione, che le ha di fatto impedito lo sviluppo di altre possibilità. Da quel momento è stata dimenticata la cultura contadina, il quotidiano è stato archiviato come arretrato e relagato nel dimenticatoio, per dare credito alle promesse di progresso e felicità che la scelta industriale avrebbe assicurato al territorio. Nel film ho cercato di dare voce a due visioni contrapposte, da una parte Nica, che vuole riscoprire le tradizioni, e dall’altra il padre, che ha un rapporto con la natura di tipo più distaccato, e legato a dei valori diversi. Le nuove generazioni vivono testando le conseguenze di un sistema aggressivo verso la natura, mentre gli altri sono rimasti ingannati“. Per Nica il crepitio delle cortecce è una forma di linguaggio. Animismo contro profitto.

“La magia mi ha aiutato a creare un cortocircuito tra il realismo e la sua dimensione animista. La magia rituale era un elemento importante di quella cultura contadina che Nica ha ereditato dalla nonna. Il primo passo per cambiare davvero le cose è smettere di pensare alla natura come qualcosa di esterno a noi. Nica non si arrende. Lotta per salvare quelle terre. Perché la sua storia ci ricorda che in alcuni momenti bisogna lottare per cambiare le cose”.