Maggio 1969. Al Festival di Cannes approda un film indipendente che subito si impone come migliore opera prima. La giuria che lo premia intuisce il passaggio epocale. Un film che di lì a poco avrebbe cambiato la storia di Hollywood e del cinema in generale. Mentre i giovani gridano il loro no alle follie del Vietnam e l'America si prepara alla tre giorni di Woodstock, la storia di due motociclisti che attraversano gli Stati Uniti diventa il manifesto di un'intera generazione, che sogna l'Età dell'Acquario e affida alla sua pacifica trasgressione la speranza di un domani diverso. Easy Rider compie oggi 40 anni. Tempo di bilanci per Peter Fonda, sceneggiatore, produttore e attore simbolo del film insieme a Jack Nicholson e al regista Dennis Hopper. Noi lo abbiamo incontrato e, tra amarcord e qualche tardiva rivincita, gli abbiamo chiesto di accompagnarci dietro le quinte di questo indimenticabile capolavoro.
Tutto in una notte
Ho scritto Easy Rider in tre ore, dall'1.30 alle 4.30 di notte del 27 settembre 1967. Era lo specchio del mio disagio nei confronti dell'establishment. Volevo fare qualcosa che "scuotesse davvero la gabbia". Non solo i politici, ma anche le madri e i padri di tutto il mondo. Anche se allora pensavo soprattutto agli Stati Uniti e al conflitto che stava opponendo vecchie e nuove generazioni, a causa di quella folle e stupida guerra. Eppure nel film non mostravamo nulla del Vietnam, nulla delle proteste. Parlavamo di noi stessi, di come ci sentivamo negli Stati Uniti. C'è una frase emblematica, usata per il lancio del film: "Un uomo cercava l'America e non riusciva a trovarla da nessuna parte". Quello che mostravamo erano razzismo, povertà, intolleranza: tutte cose che a guardare bene, e non serve spalancare gli occhi, ancora oggi sono tra noi.
Meglio tardi che mai
Agli Universal Studios non era piaciuto il film. L'hanno letteralmente buttato via. Se soltanto ci avessero creduto, avremmo potuto vincere tre Oscar. Aveva la fotografia di gran lunga migliore di quell'anno. La colonna sonora era irraggiungibile e anche il montaggio era superbo. Se avessero voluto darci una chance, avremmo avuto anche allora il nostro successo. La mia rivincita me la sono però presa nel 2001, quando ho riacquistato una parte dei diritti. Per tre anni ho riportato Easy Rider in molte sale americane, i critici hanno avuto occasione di rivederlo e... le recensioni sono state fantastiche!
C'era una volta Woodstock
Che fine abbiano fatto quel fermento e quella protesta? E' la domanda che ci facciamo tutti. Soprattutto oggi, alla luce di tutte le ingiustizie che la politica ci sta mostrando. Penso all'Iraq, all'Afghanistan. Due guerre che non hanno davvero niente a che fare con la nostra vita. E' una follia. Il fatto è che la religione si è risvegliata e sta prendendo il sopravvento sulla politica. Gli americani non fanno che dire quanto sia terribile l'Islam, con le bombe, gli attentatori kamikaze... Ed è quello che sentono. Ma poi anche i musulmani dicono: "I cristiani sono ci uccidono, vogliono il petrolio, non ci lasciano vivere il nostro credo…". In quarant'anni siamo tornati indietro di secoli. Quella a cui stiamo assistendo è una vera e propria nuova ondata di guerre di religione.
Solo Obama può salvarci
Se c'è qualcosa che adesso possiamo fare è aiutare il presidente Obama. Provare a cavalcare la speranza che ci ha regalato. Dobbiamo trovare in noi stessi il modo per portare avanti questa battaglia. Perché tutti possiamo, ma dobbiamo volerlo davvero. Quello che lo aspetta è un duro lavoro, ma sono convinto che può farcela. Un uomo solo può fare la differenza? Sì, uno come Obama può. Come tanti altri ho fiducia in lui, ma non vorrei che questa fiducia di trasformasse in una facile via di fuga. Il pericolo è che si finisca per dirsi: "Ok, lasciamolo fare". Questo invece non possiamo permettercelo. Non possiamo sederci e lasciar fare tutto a lui. Dobbiamo schierarci con Obama e lavorare con lui.